"Conoscere - comprendere - decidere" è il processo, in continua trasformazione, che dovrebbe caratterizzare l'approccio e l'attività di classi dirigenti degne di questo nome, non solo in politica. Abbiamo bisogno, con tutta evidenza, di un deciso cambio di passo culturale e strategico; è l'ora di ritornare a una prospettiva di mediazione e di governo "nella" realtà, ancora dominante un pensiero "sulla" realtà.
L'Istituto fondamentale è il luogo nel quale guardare i problemi e le sfide del mondo attraverso la lente delle complessità dei processi storici; le complessità vanno "abbracciate" e tutte le voci, soprattutto quelle silenti dei vinti, vanno ascoltate come ricchezza irrinunciabile per la costruzione del "noi storico", personale di ciascuno e comune dell'intera e unica umanità.
La lente delle complessità dei processi storici è quella che ci chiama a ri-appropriarci della globalità della realtà. Per essere classi dirigenti è fondamentale "respirare" il senso globale della storia, ciò che sfugge alle modellizzazioni, alle quantificazioni, alle previsioni. Per essere classi dirigenti dobbiamo sapere che non tutto è spiegabile secondo la nostra "logica globalizzante" ma che il tutto vive, contemporaneamente, in ciò che ci è noto e in ciò che non lo è ancora. Essere classi dirigenti significa essere testimoni e costruttori di realtà, non padroni della stessa; in una espressione, essere classi dirigenti non significa essere classi dominanti.
Vivere pienamente è essere classi dirigenti, è "conoscere - comprendere - decidere".
Wednesday, 30 December 2015
Monday, 28 December 2015
Diario filosofico 28/12/2015, Il vuoto progettuale (Marco Emanuele)
Non mi sembra che vi sia la consapevolezza diffusa del buio che ci percorre interiormente e che ci circonda. E, accanto a questo, non sembra esservi la consapevolezza del fatto che quel buio è il "vuoto progettuale" nel quale siamo immersi. La disumanità di cui scrivo ha come conseguenza la violenza e la crudeltà a cui assistiamo ogni giorno in giro per il mondo; essa nasce nella nostra scelta di privilegiare il breve termine, di separare, di essere in-differenti, di non progettare. C'è disumanità nelle certezze non problematizzate, nel non accoglimento del dubbio come ricchezza, nella limitazione del nostro sguardo a ciò che vediamo - misuriamo - prevediamo.
Nel vuoto progettuale c'è un buio innaturale: della politica dimenticata; dell'economia e della finanza che, presunte auto-referenziali, da strumenti si sono fatte "fini"; dell'etica, che rischia di diventare solo "abbellimento tattico" e non "sostanza di responsabilità" di ognuno di noi verso sé stesso, verso l'altro e verso la realtà globalmente intesa.
Come si vede, l'uscita dal buio della disumanità è un processo che coinvolge la globalità dell'esperienza umana, pena la impossibilità della sua ri-creazione.
Nel vuoto progettuale c'è un buio innaturale: della politica dimenticata; dell'economia e della finanza che, presunte auto-referenziali, da strumenti si sono fatte "fini"; dell'etica, che rischia di diventare solo "abbellimento tattico" e non "sostanza di responsabilità" di ognuno di noi verso sé stesso, verso l'altro e verso la realtà globalmente intesa.
Come si vede, l'uscita dal buio della disumanità è un processo che coinvolge la globalità dell'esperienza umana, pena la impossibilità della sua ri-creazione.
Diario filosofico 28/12/2015, Oltre il buio (Marco Emanuele)
Dal buio della disumanità si può uscire soltanto attraverso una grande operazione di "relativizzazione" delle nostre certezze, che è disarmo culturale. Se ci relativizziamo, infatti, poniamo le condizioni per una integrazione fra differenze che è il fondamento della cooperazione strategica.
Si nota quanto siano necessarie, nel mondo di oggi, la relativizzazione e l'integrazione e la relativizzazione per l'integrazione. Siamo chiamati, in quanto persone, a ri-costruire il "contesto complesso" dell'umano "in divenire", dialogante.
Oltre il buio della disumanità ci sono le nostre possibilità/potenzialità di ritornare a essere umani; oltre il buio c'è la nostra responsabilità, oggi dimenticata, di addivenire a un "progetto di civiltà", uscendo dagli inganni di una competizione esasperata che si sta progressivamente trasformando in una operazione totalitaria di "selezione" che fa degenerare il progetto umano nel creato.
Si nota quanto siano necessarie, nel mondo di oggi, la relativizzazione e l'integrazione e la relativizzazione per l'integrazione. Siamo chiamati, in quanto persone, a ri-costruire il "contesto complesso" dell'umano "in divenire", dialogante.
Oltre il buio della disumanità ci sono le nostre possibilità/potenzialità di ritornare a essere umani; oltre il buio c'è la nostra responsabilità, oggi dimenticata, di addivenire a un "progetto di civiltà", uscendo dagli inganni di una competizione esasperata che si sta progressivamente trasformando in una operazione totalitaria di "selezione" che fa degenerare il progetto umano nel creato.
Diario filosofico 28/12/2015, Il grande buio (Marco Emanuele)
C'è un grande buio che avvolge l'umanità, determinato dalla incomprensione e dalla non accettazione della nostra naturale incertezza e dalla disabitudine a porci domande fondamentali sulla convivenza.
Abbiamo paura della nostra incertezza e ci chiudiamo in una "certezza di noi" che genera mostri. Incerti per natura, ci trasformiamo in "presunti certi" per necessità; così facendo non possiamo che insistere sull'ansia da competizione e da dominio. Certi per necessità, siamo "disumani non dialoganti", abbiamo bisogno di guerra e di muri e "usiamo" la pace e il dialogo, conditi con la retorica peggiore, unicamente per darci una "pennellata di etica".
Certi per necessità, cerchiamo solo risposte sotto forma di verità dogmatiche; ma queste non discendono da un profondo (e inesauribile) lavoro di riflessione sulle domande fondamentali bensì dalla presunzione di non avere più nulla da chiederci e dalla certezza del "potere/dover fare" senza pensiero, senza visione, senza progetto.
Abbiamo paura della nostra incertezza e ci chiudiamo in una "certezza di noi" che genera mostri. Incerti per natura, ci trasformiamo in "presunti certi" per necessità; così facendo non possiamo che insistere sull'ansia da competizione e da dominio. Certi per necessità, siamo "disumani non dialoganti", abbiamo bisogno di guerra e di muri e "usiamo" la pace e il dialogo, conditi con la retorica peggiore, unicamente per darci una "pennellata di etica".
Certi per necessità, cerchiamo solo risposte sotto forma di verità dogmatiche; ma queste non discendono da un profondo (e inesauribile) lavoro di riflessione sulle domande fondamentali bensì dalla presunzione di non avere più nulla da chiederci e dalla certezza del "potere/dover fare" senza pensiero, senza visione, senza progetto.
Sunday, 27 December 2015
Saturday, 26 December 2015
(Diario filosofico, Giudizio storico, Istituto fondamentale) Tracce di conoscenza - Pensiero complesso (Edgar Morin)
Riascoltiamo Edgar Morin: Dal punto di vista epistemologico, occorre sostituire il grande paradigma occidentale che ordina di conoscere per disgiunzione e riduzione e sostituirvi un paradigma che operi per distinzione e congiunzione e che possa perciò affrontare le contraddizioni dell'ordine che comporta disordine, della razionalità pura che senza sentimento diviene follia, della conoscenza che illumina e acceca e della civiltà che contiene anche la barbarie. Dal punto di vista cognitivo, invece, si rende necessario introdurre un'autoriflessione, in grado di promuovere un autoesame e un'autocritica permanenti. Sono sempre più necessari una conoscenza e un pensiero capaci di connettere tra loro reciprocamente i saperi, le parti al tutto e il tutto alle parti, il globale e il locale. Conoscenza e pensiero devono quindi saper contestualizzare, globalizzare, multidimensionalizzare per poter cogliere la complessità dei destini dell'individuo, della società, della specie e della terra nell'era planetaria. Un sapere e un pensiero complessi possono tentare di formulare una diagnosi sull'orientamento del nostro divenire, di definire le riforme necessarie per cambiare il corso intrapreso, di sviluppare l'attitudine a rispondere in maniera pertinente a situazioni inedite e incerte. (1)
(1) AA.VV., Pensare la complessità per un umanesimo planetario (Mimesis, 2012)
(1) AA.VV., Pensare la complessità per un umanesimo planetario (Mimesis, 2012)
(Diario filosofico - Giudizio storico - Istituto fondamentale) Tracce di conoscenza - Pensiero complesso (Edgar Morin)
Riascoltiamo Edgar Morin: Non è (...) difficile comprendere come gli sviluppi della cultura scientifica e di quella umanistica abbiano comportato non solo i vantaggi della divisione del lavoro, ma anche le perdite derivate dagli eccessi di specializzazione dei saperi. Abbiamo constatato come, di fatto, la frammentazione e la compartimentazione della conoscenza in discipline separate, opposte e non comunicanti abbia sottosviluppato sia per gli scienziati sia per gli umanisti l'attitudine a contestualizzare i dati del sapere e a integrarli in un sistema capace di attribuire loro un significato. L'iperspecializzazione rompe il tessuto complesso della realtà; il predominio del quantificabile nasconde le realtà soggettive e affettive. La nostra modalità di conoscenza parcellizzata provoca ignoranza, oltre all'incapacità di concepire e affrontare le questioni fondamentali e globali: la competenza in campi eccessivamente piccoli e chiusi conduce incompetenza riguardo alle influenze subite ed esercitate dal campo stesso in rapporto al contesto. In particolare, non è vero che una conoscenza è tanto più pertinente quante più sono le informazioni di cui dispone o se risponde ad una certa razionalizzazione matematica. Al contrario, essa è pertinente se sa collocarsi nel contesto, ossia se è capace di collegarsi ad un sistema più grande di sapere. Le cecità che risultano dal nostro sistema di conoscenze parcellizzate e disgiuntive sono molteplici: il riduzionismo, che riduce la conoscenza ad alcuni suoi costituenti presunti semplici; il binarismo, che scompone in vero e falso ciò che lo è solo parzialmente o ciò che è nello stesso tempo vero e falso; la causalità lineare, che ignora l'anello retroattivo in base al quale si auto-organizza ogni sistema complesso; il manicheismo, che concepisce in termini unicamente d'opposizione il rapporto tra il bene e il male. Se il nostro sistema culturale rimane dominato da un modo mutilato e astratto di conoscenza, il sapere e il pensiero che derivano ad ogni essere umano sono inadatti a cogliere le realtà nella loro complessità e globalità. (1)
(1) AA.VV., Pensare la complessità per un umanesimo planetario (Mimesis, 2012)
(1) AA.VV., Pensare la complessità per un umanesimo planetario (Mimesis, 2012)
(Diario filosofico - Giudizio storico - Istituto fondamentale) Tracce di conoscenza - Pensiero complesso (Edgar Morin)
Riascoltiamo Edgar Morin: La disgiunzione tra scienza ed etica, che inizialmente parve necessaria, non può ormai essere conservata, se consideriamo le questioni etiche e politiche implicate dagli sviluppi della scienza stessa. Si rende sempre più necessaria una nuova deontologia scientifica - per la fisica, almeno da quando è stata creata l'arma nucleare; per la biologia, almeno dal momento della scoperta del DNA, della fecondazione artificiale, della creazione delle chimere, del bambino in provetta, della clonazione e manipolazione delle cellule staminali; per la chimica e le scienze della terra, almeno da quando sono iniziate su larga scala le devastazioni della natura con l'inquinamento e la depredazione delle risorse vegetali, animali e minerali. (1)
(1) AA.VV., Pensare la complessità per un umanesimo planetario (Mimesis, 2012)
(1) AA.VV., Pensare la complessità per un umanesimo planetario (Mimesis, 2012)
(Diario filosofico - Giudizio storico - Istituto fondamentale) Tracce di conoscenza - Pensiero complesso (Edgar Morin)
Riascoltiamo Edgar Morin: Conoscenza scientifica e umanistica sono (...) sempre più impossibilitate a conoscere se stesse e l'intera cultura tramite una visione d'insieme che permetterebbe loro di riflettere costantemente sulla propria funzione nella società, di individuare il senso del proprio divenire e di cogliere con consapevolezza le funzioni della soggettività. La rottura, inizialmente necessaria, tra i giudizi di fatto e i giudizi di valore diventa frattura interna alle nostre conoscenze e tre le nostre conoscenze e le nostre esperienze. Quando la conoscenza è del tutto impotente nei confronti delle proprie cause e delle proprie finalità, il mondo, la vita e l'uomo perdono significato e può diventare impossibile porre il problema del senso e del destino dell'uomo nella vita e nel mondo. Il Novecento, come sappiamo, ha manifestato tutto ciò nella maniera più tragica, minacciando l'umanità e il pianeta di distruzione attraverso stermini di massa e devastazioni della natura che purtroppo continuano, in forme diverse, ancora oggi. (1)
(1) AA.VV., Pensare la complessità per un umanesimo planetario (Mimesis, 2012)
(1) AA.VV., Pensare la complessità per un umanesimo planetario (Mimesis, 2012)
Diario filosofico 26/12/2015, Consiglieri della realtà (Marco Emanuele)
Non esiste questione filosofica che non sia alimento per scelte politiche o economiche.
La "filosofia del progetto umano", riflessione per la condivisione del progetto umano, guarda al campo delle decisioni strategiche tentando di condizionarle, pur rispettandone l'autonomia. C'è un grande bisogno, oggigiorno, di filosofi del progetto umano, intellettuali critici (e liberi) che sappiano cogliere i "segni dei tempi" e che ritornino a pensare in chiave progettuale, riaprendo dibattiti sull'oltre che già ci percorre.
In un mondo popolato da "consiglieri del principe" è importante formare dei "consiglieri della realtà", testimoni di una "verità in cammino" che niente e nessuno può pensare di rappresentare o di esaurire. I "consiglieri della realtà" sono "testimoni della complessità e del pensiero complesso", persone che vivono da persone e che scelgono la relazione, l'integrazione, il confronto cooperativo, il dialogo. I "consiglieri della realtà" hanno a cuore i mondi-della-vita e lavorano a superare la irrealtà dominante.
Per quanto assurdo possa apparire, esistiamo nel paradosso della paura della nostra stessa complessità; in sostanza, non viviamo.
La "filosofia del progetto umano", riflessione per la condivisione del progetto umano, guarda al campo delle decisioni strategiche tentando di condizionarle, pur rispettandone l'autonomia. C'è un grande bisogno, oggigiorno, di filosofi del progetto umano, intellettuali critici (e liberi) che sappiano cogliere i "segni dei tempi" e che ritornino a pensare in chiave progettuale, riaprendo dibattiti sull'oltre che già ci percorre.
In un mondo popolato da "consiglieri del principe" è importante formare dei "consiglieri della realtà", testimoni di una "verità in cammino" che niente e nessuno può pensare di rappresentare o di esaurire. I "consiglieri della realtà" sono "testimoni della complessità e del pensiero complesso", persone che vivono da persone e che scelgono la relazione, l'integrazione, il confronto cooperativo, il dialogo. I "consiglieri della realtà" hanno a cuore i mondi-della-vita e lavorano a superare la irrealtà dominante.
Per quanto assurdo possa apparire, esistiamo nel paradosso della paura della nostra stessa complessità; in sostanza, non viviamo.
Diario filosofico 26/12/2015, Cambio di prospettiva (Marco Emanuele)
L'approccio globale e tempiterno, a-centrico e multi-polare sconvolge le nostre certezze consolidate. Come dire, passiamo da un "pensiero lineare sulla realtà" a un "pensiero complesso nella realtà"; è un cambio di passo davvero radicale e strategico.
Infatti, si tratta di ri-scoprire le contraddizioni del "mondo globalizzato", ri-percorrendolo attraverso un senso globale e re-immergendolo, in chiave non dominante, nella complessità dei processi storici; si tratta di uscire dalla trappola della "rincorsa nel presente", ritornando a vivere la complessità dell'esperienza umana che vive in un tempo non separabile; si tratta di abbandonare progressivamente la cultura di un "centro dominante" per ripensare la convivenza e la storia come la integrazione dei differenti "luoghi della vita", non solo geografici ma anche interiori; si tratta, problematizzando il "centro dominante", di ri-scoprire le infinite polarità del mondo di oggi e, conseguentemente, di immaginare forme innovative di governo delle sfide e dei problemi planetari.
Diario filosofico 26/12/2015, Globalità e tempiternità (Marco Emanuele)
Una umanità che si sente titolare dello stesso destino nel creato ne condivide anche la consapevolezza del mistero e, naturalmente (il che significa in modo naturale ma non scontato), il percorso di ricerca di verità. E' una verità che possiamo solo sfiorare e che, però, chiede un atteggiamento "profondo di noi", un cammino filosofico nelle complessità del progetto umano e di ogni progetto umano, a cominciare dal nostro.
Il mistero della verità vive nella globalità e nella tempiternità di ciò che siamo; e siamo "unici e integrabili", unicità incomplete in perenne ricerca di senso. La proposta di una "filosofia del progetto umano" riguarda il lavoro in una globalità che è il nostro essere "mondo nel mondo" e in una tempiternità che è il nostro "essere esperienza" e che supera l'idea del "tempo separato", re-integrando, in ogni istante, ciò che siamo stati e ciò che saremo, in tal modo restituendo senso e dignità a ciò che siamo (e che chiamiamo presente) come sintesi della nostra tempiternità.
Il mistero della verità vive nella globalità e nella tempiternità di ciò che siamo; e siamo "unici e integrabili", unicità incomplete in perenne ricerca di senso. La proposta di una "filosofia del progetto umano" riguarda il lavoro in una globalità che è il nostro essere "mondo nel mondo" e in una tempiternità che è il nostro "essere esperienza" e che supera l'idea del "tempo separato", re-integrando, in ogni istante, ciò che siamo stati e ciò che saremo, in tal modo restituendo senso e dignità a ciò che siamo (e che chiamiamo presente) come sintesi della nostra tempiternità.
Diario filosofico 26/12/2015, Realtà a-centrica e multi-polare (Marco Emanuele)
A cominciare da noi, la nostra considerazione della realtà ha bisogno di diventare progressivamente a-centrica e multi-polare. Infatti, non esiste un centro propulsore di realtà ma infiniti poli che, di volta in volta, si passano il testimone di una "centralità diffusa". E' in questo modo che si potrà dare voce a una "cultura della differenza" e a una realistica "cultura della partecipazione e della cooperazione".
L'approccio a-centrico e multi-polare è una "necessità progettuale"; come dire, se vogliamo ritornare al progetto umano dobbiamo condividere la responsabilità storica della sua ri-creazione e questo non può avvenire se non attraverso la presa d'atto che siamo titolari dello stesso destino comune, quello dell'intera e unica umanità nel creato.
L'approccio a-centrico e multi-polare è una "necessità progettuale"; come dire, se vogliamo ritornare al progetto umano dobbiamo condividere la responsabilità storica della sua ri-creazione e questo non può avvenire se non attraverso la presa d'atto che siamo titolari dello stesso destino comune, quello dell'intera e unica umanità nel creato.
Friday, 25 December 2015
Diario filosofico 25/12/2015, Non-verità e nemico (Marco Emanuele)
Credo che il tema dello scontro fra "punti di vista dogmatizzati", non-verità spacciate per verità, sia il grande problema del mondo di oggi. Con troppa facilità usiamo l'espressione "scontro di civiltà", quasi a voler significare che, per soddisfare la nostra ansia da competizione, abbiamo sempre bisogno di un nemico.
Il presunto nemico, il "differente" che chiamiamo "diverso", è in realtà la parte di noi che ancora non conosciamo e con la quale siamo "naturalmente" chiamati a integrarci, pur nelle difficoltà che ciò comporta. Siamo nelle condizioni, oggi, di dover ripensare l'incontro, il confronto, il dialogo; dobbiamo re-imparare a "farci l'altro", essendo troppo abituati a considerarci l'inizio, la fine e il centro della nostra storia personale e della storia comune.
Il presunto nemico, il "differente" che chiamiamo "diverso", è in realtà la parte di noi che ancora non conosciamo e con la quale siamo "naturalmente" chiamati a integrarci, pur nelle difficoltà che ciò comporta. Siamo nelle condizioni, oggi, di dover ripensare l'incontro, il confronto, il dialogo; dobbiamo re-imparare a "farci l'altro", essendo troppo abituati a considerarci l'inizio, la fine e il centro della nostra storia personale e della storia comune.
Diario filosofico 25/12/2015, Verità come dominio (Marco Emanuele)
Rischiamo, sulla verità, di volerla imprigionare negli schemi mentali delle nostre certezze. Esistiamo come "sacerdoti-soldati della verità", volendo spiegare e imporre un qualcosa che è ricerca e non dogma.
Solo la "cultura del progetto" ci permette di uscire dalla logica malata della verità come dominio. Dimenticato il "senso globale" di noi e della realtà, siamo orfani di dialogo e non ci resta che modellizzare e assolutizzare, esaltando una verità che, in quanto esaltazione competitiva del punto di vista, è negazione della verità stessa.
Solo la "cultura del progetto" ci permette di uscire dalla logica malata della verità come dominio. Dimenticato il "senso globale" di noi e della realtà, siamo orfani di dialogo e non ci resta che modellizzare e assolutizzare, esaltando una verità che, in quanto esaltazione competitiva del punto di vista, è negazione della verità stessa.
Thursday, 24 December 2015
Diario filosofico 24/12/2015, Verità (Marco Emanuele)
Il "respiro" del mistero di noi e in noi ci pone di fronte al grande tema della verità.
Anche qui, parlando di verità, troppo spesso ci lasciamo andare al dominio della certezza; è proprio quando siamo certi di possedere la verità di noi e della realtà che quella ci sfugge, sorprendendoci. Nella logica del mistero della complessità della vita, la verità è un "laboratorio di senso", un cantiere nel quale continuamente facciamo sintesi del nostro "essere in dialogo". La verità è nella ricerca e la ricerca è verità che si forma nel ri-pensamento, nella ri-congiunzione, nelle contraddizioni, negli errori, nel progetto.
Anche qui, parlando di verità, troppo spesso ci lasciamo andare al dominio della certezza; è proprio quando siamo certi di possedere la verità di noi e della realtà che quella ci sfugge, sorprendendoci. Nella logica del mistero della complessità della vita, la verità è un "laboratorio di senso", un cantiere nel quale continuamente facciamo sintesi del nostro "essere in dialogo". La verità è nella ricerca e la ricerca è verità che si forma nel ri-pensamento, nella ri-congiunzione, nelle contraddizioni, negli errori, nel progetto.
Diario filosofico 24/12/15, Mistero, relatività, responsabilità (Marco Emanuele)
E' la consapevolezza del mistero di noi e della realtà che ci aiuta a superare la "cultura della certezza competitiva".
Per essere consapevoli del "mistero che siamo", immersi in un mistero più grande (l'umanità, il creato, la globalità, la storia), abbiamo bisogno di una "ragione aperta" e di una "volontà attiva". Per abbracciare la complessità del nostro mistero, che è nostro nel senso di "natura" ma non di possesso e che non conosciamo, è importante vivere nella "relatività" delle nostre certezze; siamo la storia ma non la esauriamo e abbiamo la responsabilità di "re-integrare" le differenze in unità (per conoscere, comprendere, vivere) e di "non dominare".
Per essere consapevoli del "mistero che siamo", immersi in un mistero più grande (l'umanità, il creato, la globalità, la storia), abbiamo bisogno di una "ragione aperta" e di una "volontà attiva". Per abbracciare la complessità del nostro mistero, che è nostro nel senso di "natura" ma non di possesso e che non conosciamo, è importante vivere nella "relatività" delle nostre certezze; siamo la storia ma non la esauriamo e abbiamo la responsabilità di "re-integrare" le differenze in unità (per conoscere, comprendere, vivere) e di "non dominare".
Diario filosofico 24/12/2015, Auguri (Marco Emanuele)
Ci illudiamo nelle nostre certezze.
Vorrei che il 2016 fosse l'anno nel quale si ricongiungessero la "cultura della decisione strategica" con la "cultura della visione storica"; visione storica che dovrebbe tornare ad "alimentarsi" di incertezza (la nostra naturale condizione di esseri umani) e di dubbio (il punto di partenza per ogni ricerca di senso).
Vorrei che comprendessimo l'importanza di ritrovare il senso globale della globalizzazione, il suo "perché" e non soltanto il suo "come". E' importante, allora, fare del 2016 l'anno del "pensiero complesso" e della "filosofia del progetto umano".
Auguri a tutte e a tutti !
Vorrei che il 2016 fosse l'anno nel quale si ricongiungessero la "cultura della decisione strategica" con la "cultura della visione storica"; visione storica che dovrebbe tornare ad "alimentarsi" di incertezza (la nostra naturale condizione di esseri umani) e di dubbio (il punto di partenza per ogni ricerca di senso).
Vorrei che comprendessimo l'importanza di ritrovare il senso globale della globalizzazione, il suo "perché" e non soltanto il suo "come". E' importante, allora, fare del 2016 l'anno del "pensiero complesso" e della "filosofia del progetto umano".
Auguri a tutte e a tutti !
Wednesday, 23 December 2015
Diario filosofico 23/12/2015, Il senso del mistero (Marco Emanuele)
Il senso del mistero è nell'oltre che ci percorre. La ricerca di senso è cammino nella trascendenza che è il reale non ancora svelato; l' "essere" è per natura "in formazione" ed è continua riappropriazione in noi di noi e della realtà globalmente intesa. Il processo di riappropriazione è rischioso perché, in esso, siamo vocati a essere ciò che ancora non siamo; e questo ci fa paura.
Diario filosofico 23/12/2015, Globalizziamo e precarizziamo (Marco Emanuele)
Senza la considerazione del mistero, globalizziamo e precarizziamo. Globalizziamo e dimentichiamo il senso globale della realtà, dove vive il mistero. Per tornare a ciò che siamo ci vuole cooperazione; occorre ritrovare il "respiro" dell'unità integrata della convivenza umana nel creato, prima di tutto in noi. Per cooperare, infatti, è fondamentale riappropriarci di noi, riascoltare le nostre contraddizioni e viverle come una ricchezza, come il "senso" che smarriamo nell'ansia da competizione.
Diario filosofico 23/12/2015, Mistero (Marco Emanuele)
Possiamo riappropriarci del mistero della realtà ? Non tutto è evidente o spiegabile; la consapevolezza del mistero che ci riguarda e che ci circonda è un grande cambiamento culturale e strategico. Se viviamo il mistero, infatti, tendiamo alla conoscenza, ben sapendo che buona parte di essa non è "conoscibile"; vivere il mistero significa porsi in ricerca, camminare nel profondo della realtà, ritrovarsi "paralleli" alla vita nella certezza di certezze che diventano precarie al confronto con la nostra naturale (e non compresa) incertezza.
Diario filosofico 23/12/2015, Pensiero "nella" realtà (Marco Emanuele)
E' molto difficile estraniarci dalla mediocrità dilagante e dominante. Abbiamo bisogno di una rinnovata alleanza con il "pensiero complesso", il che significa riappropriarci delle complessità di noi e della storia. Prigionieri del "pensiero lineare", siamo abituati a interpretare i processi storici in superficie; vogliamo prevedere e quantificare e, così facendo, ci perdiamo il mistero della conoscenza e della convivenza. Urge un profondo ripensamento filosofico, un pensiero "nella" realtà.
Monday, 21 December 2015
Sunday, 20 December 2015
Saturday, 19 December 2015
(Dario filosofico - Giudizio storico - Istituto fondamentale) Tracce di conoscenza - Dialogo (Raimon Panikkar)
Riascoltiamo Raimon Panikkar: Il dialogo genuino inizia col mettere sinceramente in questione tutte le mie certezze - perché ho realizzato, da un lato, che sono un recipiente fragile, e dall'altro che ci sono in questo mondo altri recipienti il cui contenuto a mala pena posso immaginare. Il dialogo è un atteggiamento umano basilare. Il suo contenuto finale non è mera dottrina. La religione non è né dottrina oggettiva né soggettivo punto di vista. Il dialogo religioso non è né il paragone fra due stati di cose oggettivi, né il confronto di due opinioni soggettive; né solo scambio scolastico, o semplice confessione ecclesiastica. Sorge semmai dal più profondo recesso del nostro "sé", quando scopriamo di non essere né assoluti né soli in questo mondo. Il dialogo inizia con noi stessi. In un certo senso richiede la perdita dell'innocenza, della prima innocenza (preriflessiva). Nessuna meraviglia che il dialogo si presenti come via di salvezza, trasfigurazione, illuminazione .... Scopriamo che non è opera del nostro ego, dal momento che proprio questo ego è chiamato in causa. Se non ho dubbi, se la mia opinione è già stabilita, se presumo di aver già raggiunto la verità tutta intera, allora certo non sentirò alcun bisogno di dialogo. Il dialogo richiede una simile consapevolezza interiore. (1)
(1) Raimon Panikkar, Raimon Panikkar, L'incontro indispensabile: dialogo delle religioni (Jaca Book, 2011)
(1) Raimon Panikkar, Raimon Panikkar, L'incontro indispensabile: dialogo delle religioni (Jaca Book, 2011)
(Diario filosofico - Giudizio storico - Istituto fondamentale) Tracce di conoscenza - Pensiero complesso (Edgar Morin)
Riascoltiamo Edgar Morin: La difficoltà profonda consiste (...) nel concepire allo stesso tempo l'unità molteplice e la molteplicità dell'uno. Si tratta del paradosso insito nell'unitas multiplex e capace di unire e separare contemporaneamente. La diversità delle culture, la diversità degli individui tra loro e la diversità interiore degli individui non possono essere comprese né a partire da un semplice principio di unità né a partire da una plasticità modellata dalle culture a seconda delle circostanze. E' necessario quindi concepire un'unità che contempli la diversità e, allo stesso tempo, una diversità che si inscriva in una unità. (...) L'unità nella diversità, la diversità nell'unità, l'unità che produce la diversità e la diversità che produce unità e riproduce unità e riproduce diversità, in effetti, costituiscono non solo il fondamento della complessità della cultura, ma anche la base di un complesso generativo capace di dar vita a diversità illimitate. (1)
(1) AA.VV. Pensare la complessità per un umanesimo planetario (Mimesis, 2012)
(1) AA.VV. Pensare la complessità per un umanesimo planetario (Mimesis, 2012)
(Diario filosofico - Giudizio storico - Istituto fondamentale) Tracce di conoscenza - Dialogo (Raimon Panikkar)
Riascoltiamo Raimon Panikkar: Il dialogo non è semplice discussione. Proviene da una sorgente più profonda e più interna della stimolazione che riceviamo dagli altri. Questa sorgente può essere chiamata silenzio, o forse l'umana sete per la verità. Senza questa sete, il dialogo resta intrappolato in uno scambio di opinioni superficiale. Se dialogo deve essere qualcosa in più che non il semplice manipolare delle idee, deve emergere dai più profondi recessi del nostro essere. Ciò significa che il dialogo intrareligioso è il fondamento necessario del dialogo interreligioso. (1)
(1) Raimon Panikkar, L'incontro indispensabile: dialogo delle religioni (Jaca Book, 2001)
(1) Raimon Panikkar, L'incontro indispensabile: dialogo delle religioni (Jaca Book, 2001)
(Dario filosofico - Giudizio storico - Istituto fondamentale) Tracce di conoscenza - Pensiero complesso (Edgar Morin)
Riascoltiamo Edgar Morin: Concepite e affrontate in maniera frammentaria e disgiunta, tutte le crisi che attualmente investono l'umanità e il pianeta costituiscono allo stesso tempo crisi cognitive. Il nostro sistema del sapere e della cultura ha comportato enormi progressi ed è approdato a fondamentali acquisizioni nelle conoscenze, ma ha anche prodotto formidabili misconoscimenti e nuove forme di ignoranza. E' necessario avere piena consapevolezza che la democratizzazione della cultura non è affatto compiuta e questo per cause e ragioni che sono interne al sistema della cultura stessa, all'organizzazione della conoscenza e alle strutture del pensiero. Occorre dissipare l'illusione di aver realizzato completamente una società della conoscenza. Ciò non riguarda e non deve riguardare soltanto gli intellettuali, ma ogni persona, in quanto investe l'intera nostra civiltà e la sua democrazia. (1)
(1) AA.VV., Pensare la complessità per un umanesimo planetario (Mimesis, 2012)
(1) AA.VV., Pensare la complessità per un umanesimo planetario (Mimesis, 2012)
Friday, 18 December 2015
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