Tuesday, 30 June 2015
(Istituto fondamentale - Ricerca/Citazioni) La fine dell'onniscienza (Mauro Ceruti)
(...) Un sistema complesso è dunque un sistema reticolare, fatto di modi (parti) e di linee che li connettono (interazioni). Di particolare interesse diventa così lo studio delle varie tipologie che possono assumere sia le parti (più o meno varie) sia le loro interconnessioni (più o meno ordinate). In genere, in un sistema complesso, non tutti i nodi sono connessi a tutti gli altri nodi in forma indiscriminata, ma esistono alcuni nodi più "strategici" e più connessi di altri. Queste definizioni e queste proprietà aiutano a fare chiarezza sulla distinzione fra complesso e complicato: a differenza delle proprietà di un sistema complesso, le proprietà di un sistema complicato sono riconducibili con più o meno fatica alla semplice somma o combinazione additiva delle proprietà delle singole parti. (...)
(Istituto fondamentale - Ricerca/Citazioni) La fine dell'onniscienza (Mauro Ceruti)
(...) La sfida della complessità si delinea attraverso numerose "vie", per usare l'espressione di Edgar Morin: il caso, la contingenza, la singolarità, la località, la temporalità, la rivedibilità, il disordine non sono affatto indicatori del carattere provvisorio e limitato delle nostre teorie, ma rivelano in modo quasi shakespeariano l'inesauribilità e la molteplicità delle architetture del cosmo. Tutte queste vie mettono in discussione l'idea che la visione della scienza "classica" esaurisca in sé la "visione scientifica del mondo". (...)
(Istituto fondamentale - Ricerca/Citazioni) La fine dell'onniscienza (Mauro Ceruti)
(...) tutta la scienza " classica" mira a determinare il nucleo atemporale della storia, un nucleo che renderebbe il futuro simmetrico rispetto al passato, e che consentirebbe la compressione delle varie dimensioni temporali in un eterno presente. (...)
(Libri) La fine dell'onniscienza (Mauro Ceruti, Studium)
«Il filo rosso di questo volume è costituito dall’identificazione di quella “indomita tendenza” a semplificare il mondo della vita per poter disporne a piacimento, che sembra trovarsi alla base della hybris cui Homo sapiens sottopone sia l’ambiente che i propri simili. Riconciliare “tecnoscienze” e “saggezza” stipulando “una nuova alleanza” tra uomo e ambiente è per Mauro Ceruti e per la sua filosofia della complessità la via per emanciparsi dal mito dell’onniscienza/onnipotenza e costruire un’antropologia adatta a un universo tipicamente plurale, che fin dai tempi della “rivoluzione copernicana” si era rivelato privo di centro, senza confini e libero da ogni artificiosa gerarchia. Le ipotesi, le teorie, le “macchine” che l’impresa tecnico-scientifica via via realizza non vanno più intese come mezzi di rappresentazione/manipolazione di una realtà assoluta, che l’uomo può tuttavia sfruttare, ma come tentativi sempre più articolati in un reciproco processo di adattamento tra ambiente e uomo: quasi come un fiume, che si forma là dove meglio il paesaggio circostante permette all’acqua di scorrere, e insieme contribuisce a modellare il paesaggio stesso. Nell’ormai lontano 1986, dedicavo a Mauro Ceruti una splendida battuta di Friedrich von Hayek: “L’uomo non è e non sarà mai il padrone del proprio destino: ma la sua stessa ragione progredisce sempre portandolo verso l’ignoto e l’imprevisto, dove egli impara nuove cose”. Oggi mi sembra giusto riproporgliela, proprio alla luce della sua idea che “Homo sapiens non è nato umano, semmai ha appreso a essere umano”.» (Dalla Prefazione di Giulio Giorello).
Mauro Ceruti è, fra l’altro, autore di: Il vincolo e la possibilità (Raffaello Cortina); La Danza che crea (Feltrinelli). Ha anche scritto, con Edgar Morin, La nostra Europa(Raffaello Cortina) e con Gianluca Bocchi, La sfida della complessità (Bruno Mondadori); Origini di storie (Feltrinelli); Educazione e globalizzazione (Raffaello Cortina).
Da dominatori della Storia a "soggetti storici" (Marco Emanuele)
Giochiamo nella Storia senza consapevolezza della sua complessità.
Abbiamo fatto del mondo una grande arena competitiva, luogo di scontri senza progetto e senza visione ma con una voglia assoluta di dominio. Ci immaginiamo dominatori di una Storia che soltanto sfioriamo, senza minimamente preoccuparci di comprenderla e di com-prenderla in noi; in questo siamo profondamente irresponsabili, incapaci di essere "soggetti storici" ma prigionieri nella nostra abitudine consolidata di farci trascinare nel fiume ingovernato di eventi che ci superano.
La Verità della Storia è un cammino - dialogo che si forma, processo di senso che evolve nella mediazione, liberazione e integrazione dei personali "giudizi storici".
Dobbiamo ritornare a vivere la Storia, riappropriandocene.
Abbiamo fatto del mondo una grande arena competitiva, luogo di scontri senza progetto e senza visione ma con una voglia assoluta di dominio. Ci immaginiamo dominatori di una Storia che soltanto sfioriamo, senza minimamente preoccuparci di comprenderla e di com-prenderla in noi; in questo siamo profondamente irresponsabili, incapaci di essere "soggetti storici" ma prigionieri nella nostra abitudine consolidata di farci trascinare nel fiume ingovernato di eventi che ci superano.
La Verità della Storia è un cammino - dialogo che si forma, processo di senso che evolve nella mediazione, liberazione e integrazione dei personali "giudizi storici".
Dobbiamo ritornare a vivere la Storia, riappropriandocene.
L'etica come arma (Marco Emanuele)
Usiamo l'etica come un'arma competitiva. E normalmente sono i peggiori che usano la retorica dell'etica, che parlano di responsabilità, che vagheggiano il bene; gli altri, quelli seri (e sempre di meno), cercano di praticare ciò che gli altri si limitano a declamare.
Nella competizione, nella necessità di avere un nemico, i valori positivi come l'etica sono funzionali ad un pensiero lineare senza progetto. L'etica, nel contesto attuale, serve a dare un'immagine meno sgradevole all'irrealtà.
Nei vari ambiti della convivenza, l'etica diventa sempre più precaria; nasconde il malaffare e le connivenze fra legalità e illegalità, le superficialità della politica, gli atti infedeli di una fede vissuta come il peggiore dei poteri secolari. E' così che l'etica, e i valori in generale, si svuotano di senso e si "totalizzano" al punto da diventare bandiere del peggio che ci circonda.
Nella competizione, nella necessità di avere un nemico, i valori positivi come l'etica sono funzionali ad un pensiero lineare senza progetto. L'etica, nel contesto attuale, serve a dare un'immagine meno sgradevole all'irrealtà.
Nei vari ambiti della convivenza, l'etica diventa sempre più precaria; nasconde il malaffare e le connivenze fra legalità e illegalità, le superficialità della politica, gli atti infedeli di una fede vissuta come il peggiore dei poteri secolari. E' così che l'etica, e i valori in generale, si svuotano di senso e si "totalizzano" al punto da diventare bandiere del peggio che ci circonda.
L'irrealtà dominante (Marco Emanuele)
Sembra che tutto giochi contro il principio di libertà.
Le tecnocrazie si pongono come baluardi di una irrealtà che, nella retorica dominante, si vorrebbe far passare per realtà. Ma la realtà è nel disagio dei popoli che soffrono, nelle guerre più o meno combattute, nella progressiva erosione dei principi fondamentali della democrazia.
Il tema della realtà, nella globalizzazione dell'irrealtà, torna prepotente nell'esplosione incontrollata e non governata di tutte le sue contraddizioni; e la convivenza diventa un'arena competitiva, dove la sopravvivenza è garantita solo al più forte, al più furbo, al meglio colluso.
Dobbiamo resistere e progettare la libertà come liberazione. Il mondo non sarà libero finché, in esso e sotto varie forme, esisterà un solo schiavo.
Le tecnocrazie si pongono come baluardi di una irrealtà che, nella retorica dominante, si vorrebbe far passare per realtà. Ma la realtà è nel disagio dei popoli che soffrono, nelle guerre più o meno combattute, nella progressiva erosione dei principi fondamentali della democrazia.
Il tema della realtà, nella globalizzazione dell'irrealtà, torna prepotente nell'esplosione incontrollata e non governata di tutte le sue contraddizioni; e la convivenza diventa un'arena competitiva, dove la sopravvivenza è garantita solo al più forte, al più furbo, al meglio colluso.
Dobbiamo resistere e progettare la libertà come liberazione. Il mondo non sarà libero finché, in esso e sotto varie forme, esisterà un solo schiavo.
Resistenza e progetto (Marco Emanuele)
Sono tempi duri per la libertà e non fatichiamo a dire che questo è il momento della resistenza e del progetto. Resistenza è una parola preziosa perché ci spiega che la libertà è un valore senza condizioni e da vivere come liberazione nel e del progetto umano. Dobbiamo resistere per liberarci nel progetto umano, liberandolo. E, in questo senso, resistere è vivere, pretendere di poter esercitare, ciascuno, una personale responsabilità verso la Storia comune. Per fare questo, è necessario ripensare, per ricreare, un ambiente globale, comunitario, integrante, cooperativo, visionario, progettuale. Resistere, oggi, significa superare l'equivoco della globalizzazione (senza immaginare anti-storici ritorni al passato) che, invece, è dominante, escludente, esasperatamente competitiva, e che nulla ha a che fare con la liberazione delle persone e dei popoli.
La certezza lineare della cultura tecnocratica ci ha portati fino a questo punto. La complessità del mondo-della-vita ci chiama e resistere e a progettare la e nella libertà come liberazione.
La certezza lineare della cultura tecnocratica ci ha portati fino a questo punto. La complessità del mondo-della-vita ci chiama e resistere e a progettare la e nella libertà come liberazione.
Monday, 29 June 2015
Dobbiamo custodire e curare il mistero della vita (Marco Emanuele)
L'importanza di ritornare ad un rinnovato umanesimo integrale si vede anzitutto nella nostra incapacità di vivere da esseri umani; se è vero che l'umano e il disumano, la bellezza e la crudeltà sono compresenti in ciascuno di noi, è altrettanto vero che, nel mondo di oggi, il disumano e la crudeltà sembrano prevalere. E ciò è frutto del nostro "pensare lineare" che, sotto diverse forme, non fa altro che generare atti di guerra, facendo degenerare la realtà globalmente intesa. Il trionfo del "globalizzato" non può essere letto come il trionfo del "globale". Ma il "globale" va costruito, non va atteso; esso è il frutto continuo del nostro agire responsabile e quotidiano, del nostro divenire storico, non è opera del sovrannaturale. Siamo noi che facciamo spegnere o manteniamo accesa la luce del mistero di ciò che è creato, a cominciare da noi; siamo vittime del quantitativo e del prevedibile e, progressivamente, dobbiamo ripensare la complessità della nostra natura umana nel contesto più generale del mondo-della-vita. Dobbiamo vivere sulle transizioni, ricongiungere in noi il già stato, l'ora e l'oltre e riappropriarci della Storia; siamo chiamati a problematizzarci per problematizzare le nostre certezze e la nostra ansia di dominare l'altro e il mondo. Insieme, invece, dobbiamo custodire e curare il mistero della vita.
L'idea totalitaria non è morta (Marco Emanuele)
Non c'è alcuna esperienza umana che non sia la sintesi di un dialogo. Nulla è meccanico nella vita, bensì tutto è cammino di dialogo contraddittorio, imperfetto, incerto. La vita è un formarsi, un divenire, un prendere e lasciare, un dare e ricevere, un deludere e soddisfare; in questo senso la vita è un mistero, mai un meccanismo prevedibile, smontabile, rimontabile. E va bene che la Storia non è maestra di vita ma è altrettanto vero che facciamo di tutto per non far morire l'idea totalitaria; infatti, anziché sforzarsi di condividere un percorso di senso nella ricerca della Verità, che non troveremo mai fino in fondo in questa vita, ci eleggiamo ciascuno a Suoi detentori, a portatori sani di una Verità ultima ed inconfutabile. In questo senso l'idea totalitaria non è morta, laddove le differenti esperienze umane si sentono chiamate a scrivere la parola inizio o la parola fine alla Storia; invece, ciascuno di noi dovrebbe esercitare la propria responsabilità di persona umana per ridare contenuti ad un umanesimo integrale, per contribuire a tracciare e a condividere la strada della comunità, della realtà. Questo è il motivo per cui siamo al mondo.
Per un rinnovato umanesimo integrale (Marco Emanuele)
Da più parti vengono sollecitazioni, anche inconsapevoli, a reintegrare le esperienze umane in percorsi di dialogo. Che senso ha proseguire sulla via di un mondo crudele se non quello di permettere che sempre più vite vengano sacrificate per il trionfo di pochi ? Nello scrivere queste righe mi sento disarmato, è come se esprimessi idee vuote ed inascoltate, mentre il mondo va in direzione ostinata e contraria. E' per un senso di responsabilità che mi ritrovo a segnalare che il disumano sta trionfando e che non c'è alcun motivo giustificabile perché milioni di esseri umani continuino a morire o a vivere nella miseria e nel disagio e perché il pianeta continui a deperire. Penso che sia venuto il tempo di una grande alleanza di dialogo, che in questa fase della Storia debbano proporsi i dialoganti, con tutte le loro contraddizioni, a segnalare che ci si salva solo tutti insieme. Sento, per l'umanità e per il creato, avvicinarsi il baratro; altresì, in ciascuno noi ci sono tutte le potenzialità per cambiare strada, per un rinnovato umanesimo integrale.
Manca una "strategia del progetto umano" (Marco Emanuele)
Diciamo con franchezza che il ragionamento sulla guerra di civiltà che si starebbe combattendo in giro per il mondo ha un pò stancato. Vista la crudeltà che sta percorrendo il nostro tempo e non sottovalutando minimamente i pericoli che potrebbero esistere anche per il nostro Paese, non ci sentiamo tranquilli ma, non dovendo rincorrere in alcun modo il consenso, non abbiamo bisogno né di edulcorare la pillola della paura né di soffiare sul fuoco dello scontro. Ci poniamo nel mezzo e, nel chiedere ai nostri governanti di non abbassare la guardia, cerchiamo di essere realisticamente progettuali, privilegiamo la necessità del dialogo possibile, lavoriamo a restituire un senso alla convivenza, ad usare parole meditate ed a percorrere ponti. Siamo laici e stimiamo profondamente Papa Francesco, l'unico leader globale degno di questo nome. Come si può non capire che oggi manca, al di là di ogni cosa, una "strategia del progetto umano" ?
Friday, 26 June 2015
Progetto umano come dialogo (Marco Emanuele)
Il progetto umano si forma come dialogo in noi nel cammino del "profondamente reale"
Thursday, 25 June 2015
Filosofia del progetto umano, pensiero nella vita (Marco Emanuele)
La "filosofia del progetto umano" (fpu) ci chiama a Conoscere attraverso un pensiero complesso, pensiero nella vita.
Voglia di Bel Paese (Marco Emanuele)
So che non è competitivo ma, di questi tempi, è naturale la nostalgia.
So che sono cambiati i tempi ma, più guardo al presente dell'Italia e più mi arrabbio per ciò che eravamo. E, nella necessità di comprendere i "segni dei tempi", spero che potremmo essere un grande Paese moderno (un pò di retorica non guasta) e, al contempo, meritevoli testimoni di "glorie" irripetibili.
Si può essere desiderosi di cambiamento senza voler rottamare alcunché, convinti innovatori con l'amore progettuale per la memoria. Benvenuti in questo blog.
Per quel che vale, stimo tutti coloro che percorrono l' "oltre", stimo un pò di meno quanti giocano alla velocità senza pensiero, al "progetto del non progetto".
Penso che sia venuto il momento di reintegrare i pezzi del Bel Paese, di ascoltare la voglia inspiegabile di comunità, di far riemergere, al cospetto della Storia, la nostra parte migliore (senza illuderci che quella peggiore si sconfigga con un tweet).
So che sono cambiati i tempi ma, più guardo al presente dell'Italia e più mi arrabbio per ciò che eravamo. E, nella necessità di comprendere i "segni dei tempi", spero che potremmo essere un grande Paese moderno (un pò di retorica non guasta) e, al contempo, meritevoli testimoni di "glorie" irripetibili.
Si può essere desiderosi di cambiamento senza voler rottamare alcunché, convinti innovatori con l'amore progettuale per la memoria. Benvenuti in questo blog.
Per quel che vale, stimo tutti coloro che percorrono l' "oltre", stimo un pò di meno quanti giocano alla velocità senza pensiero, al "progetto del non progetto".
Penso che sia venuto il momento di reintegrare i pezzi del Bel Paese, di ascoltare la voglia inspiegabile di comunità, di far riemergere, al cospetto della Storia, la nostra parte migliore (senza illuderci che quella peggiore si sconfigga con un tweet).
Filosofia del progetto umano, incertezza, imperfezione (Marco Emanuele)
La "filosofia del progetto umano" Ricerca nell'incertezza e nella imperfezione della condizione umana
Filosofia del progetto umano (Marco Emanuele)
"Filosofia del progetto umano" è continua Ricerca della Verità in noi e nel reale creato
L'Italia da ricostruire (Marco Emanuele)
L'Italia è da ricostruire nelle fondamenta di senso. A partire da ciò che siamo, ipocritamente geniali
Ragione aperta e transizioni (Marco Emanuele)
Collocarsi sulle transizioni prevede una continua reintegrazione delle conoscenze nella globalità/complessità della Conoscenza e delle esperienze nella globalità/complessità dell'Esperienza umana e del reale creato.
Nulla di ciò che sappiamo può essere disperso e, altrettanto, nulla di ciò che sappiamo può non essere problematizzato. In sostanza, viviamo perennemente nella Ricerca di una verità che contiene l'errore e viceversa. La verità non è mai dogmatica e l'errore non è mai peccato.
Viviamo il profondo mistero della condizione umana e della globalità/complessità che ci appartiene e ci circonda. Ecco perché, da esseri umani, non possiamo che avere una ragione aperta, includente, cooperativa.
Nelle transizioni, ciascuno di noi ricomprende il mondo-della-vita che, prima di tutto, comprendiamo come il mondo-della-nostra-vita. E non possiamo che dirci ed essere "egoisti globali", esseri umani capaci di tornare al noi arricchiti del mondo e di andare nel mondo arricchendolo del noi.
Nelle transizioni, il "nostro io" si fa progressivamente "noi" e quel "noi", l'umanità, non è dato per sempre ma si forma ricreandosi, e ricreando il reale creato.
Nulla di ciò che sappiamo può essere disperso e, altrettanto, nulla di ciò che sappiamo può non essere problematizzato. In sostanza, viviamo perennemente nella Ricerca di una verità che contiene l'errore e viceversa. La verità non è mai dogmatica e l'errore non è mai peccato.
Viviamo il profondo mistero della condizione umana e della globalità/complessità che ci appartiene e ci circonda. Ecco perché, da esseri umani, non possiamo che avere una ragione aperta, includente, cooperativa.
Nelle transizioni, ciascuno di noi ricomprende il mondo-della-vita che, prima di tutto, comprendiamo come il mondo-della-nostra-vita. E non possiamo che dirci ed essere "egoisti globali", esseri umani capaci di tornare al noi arricchiti del mondo e di andare nel mondo arricchendolo del noi.
Nelle transizioni, il "nostro io" si fa progressivamente "noi" e quel "noi", l'umanità, non è dato per sempre ma si forma ricreandosi, e ricreando il reale creato.
(Istituto fondamentale - Ricerca/Citazioni) Insegnare a vivere / La conoscenza della conoscenza (Edgar Morin)
(...) Ovunque si insegnano conoscenze, da nessuna parte si insegna che cos'è la conoscenza (...) Da qui la necessità vitale di introdurre, dalle prime classi fino all'università, la conoscenza della conoscenza. Quindi, insegnare a vivere non è solo insegnare a leggere, scrivere e far di conto, né solamente insegnare le conoscenze basilari utili delle storia, della geografia, delle scienze sociali, delle scienze naturali. Non è concentrarsi sui saperi quantitativi, né privilegiare la formazione professionale specializzata: è introdurre una cultura di base che includa la conoscenza della conoscenza. (...)
La complessità delle transizioni (Marco Emanuele)
Per chi, come me, crede nella naturale incertezza ed imperfezione della condizione umana, l'ambito di Ricerca non può che essere la complessità delle transizioni. Ed è lì, a cavallo fra l'esperienza che conosciamo e ciò che ancora non vediamo, che - contemporaneamente - ci problematizziamo, ci perdiamo e ci ritroviamo.
Nelle transizioni, a cominciare da ciascuno di noi, tutto ciò che sappiamo, e che crediamo di Conoscere, ci appare nella prospettiva strategica delle sue limitatezze e delle sue potenzialità.
In questa logica, siamo chiamati a non smettere di vivere, a superare il presente dell'esistere; ed è nelle transizioni che riscopriamo il mistero dell'oltre che, a ben guardare, è la vocazione di noi esseri umani in perenne comunicazione, relazione ed integrazione, in ricerca del Globale.
Nelle transizioni, a cominciare da ciascuno di noi, tutto ciò che sappiamo, e che crediamo di Conoscere, ci appare nella prospettiva strategica delle sue limitatezze e delle sue potenzialità.
In questa logica, siamo chiamati a non smettere di vivere, a superare il presente dell'esistere; ed è nelle transizioni che riscopriamo il mistero dell'oltre che, a ben guardare, è la vocazione di noi esseri umani in perenne comunicazione, relazione ed integrazione, in ricerca del Globale.
Politica complessa (Marco Emanuele)
L'unico modo per ridare dignità alla Politica è rifondarla in senso complesso
Principio di umanità (Marco Emanuele)
Il principio di umanità, che alcuni oltraggiano con la crudeltà fisica, noi non lo Ricerchiamo
Papa Francesco e le miserie della politica (Marco Emanuele)
I politici italiani, se fossero classe dirigente, capirebbero di avere in Papa Francesco una grande "ispirazione storica" per dare senso al proprio agire. E invece, purtroppo, non lo capiscono.
Papa Francesco è tutt'altro che un "ammonitore morale" bensì è l'esempio vivente di una Chiesa che coglie ed accoglie i "segni dei tempi" incarnandoli nelle complessità del mondo-della-vita. Se dovessi trovare un tratto distintivo nell'opera di questo Papa, lo individuerei nella sua capacità di riflettersi nella realtà e di riportare la Chiesa all'essenza profondamente Politica (la maiuscola non è un refuso) del Vangelo. Altresì, Papa Francesco sa di avere una grande responsabilità geopolitica e risulta essere l'unico leader mondiale degno di questo nome.
Se i politici italiani capissero, parlerebbero il linguaggio della realtà.
Papa Francesco è tutt'altro che un "ammonitore morale" bensì è l'esempio vivente di una Chiesa che coglie ed accoglie i "segni dei tempi" incarnandoli nelle complessità del mondo-della-vita. Se dovessi trovare un tratto distintivo nell'opera di questo Papa, lo individuerei nella sua capacità di riflettersi nella realtà e di riportare la Chiesa all'essenza profondamente Politica (la maiuscola non è un refuso) del Vangelo. Altresì, Papa Francesco sa di avere una grande responsabilità geopolitica e risulta essere l'unico leader mondiale degno di questo nome.
Se i politici italiani capissero, parlerebbero il linguaggio della realtà.
Pensiero antagonista (Marco Emanuele)
L' ingenuità del pensiero antagonista è nel rafforzare il sistema dominante
Per uscire dal disastro italiano (Marco Emanuele)
Le continue vicende giudiziarie italiane segnalano la morte della politica. E, nella nostra "democrazia apparente", il tradimento del principio della separazione dei poteri è un dato ormai consolidato. Nell'eterna transizione italiana tutto si confonde e la tenuta della convivenza ne paga un prezzo altissimo.
Pochissime voci, in questa situazione, pensano che l'Italia vada rifondata in termini sistemici ed esprimono idee in tal senso.
Bisognerebbe che tutti si fermassero a riflettere sui gravi disastri nei quali siamo immersi e su come restituire dignità e ridare valore alle tante nostre eccellenze in vari campi.
La "politica dimenticata", in particolare, è l'epicentro del disastro, del terremoto di senso che ci sta facendo degenerare. Dobbiamo trovare insieme l'altra faccia della tragedia, quella delle possibili soluzioni, e rimettere in campo ogni nostra personale responsabilità.
Pochissime voci, in questa situazione, pensano che l'Italia vada rifondata in termini sistemici ed esprimono idee in tal senso.
Bisognerebbe che tutti si fermassero a riflettere sui gravi disastri nei quali siamo immersi e su come restituire dignità e ridare valore alle tante nostre eccellenze in vari campi.
La "politica dimenticata", in particolare, è l'epicentro del disastro, del terremoto di senso che ci sta facendo degenerare. Dobbiamo trovare insieme l'altra faccia della tragedia, quella delle possibili soluzioni, e rimettere in campo ogni nostra personale responsabilità.
Mediocrità e progetto umano (Marco Emanuele)
Siamo immersi nella mediocrità mentre il progetto umano ci chiama a viverlo
Insegnamento. Un metodo per "saper vivere" (Marco Emanuele)
Ci sono docenti, in particolare nelle università, che dovrebbero rientrare velocemente nel mondo-della-vita per riacquistare la consapevolezza che, al di là del trasferimento lineare di conoscenze e di competenze (certamente importanti), ciò che conta nell'insegnamento è dare un metodo ai più giovani. Un metodo per "saper vivere".
E il tema, oggi, è principalmente questo: ritornare a vivere. E il mestiere del docente è fondamentale: "buone scuole" a parte, l'insegnamento è una missione. E il decisionismo renziano dovrebbe fermarsi un attimo di fronte ad una sfida profondamente strategica; qui, infatti, è in gioco la vita dei nostri giovani, la possibilità per loro di essere "classi dirigenti" nel comprendere e nel riuscire a governare la Storia, non lasciandosene travolgere.
Chi ha la responsabilità della formazione dei giovani deve tornare ad essere un Maestro, se ne ha la vocazione e il carisma. I più, auto-proclamatisi professori, preparano dispense.
E il tema, oggi, è principalmente questo: ritornare a vivere. E il mestiere del docente è fondamentale: "buone scuole" a parte, l'insegnamento è una missione. E il decisionismo renziano dovrebbe fermarsi un attimo di fronte ad una sfida profondamente strategica; qui, infatti, è in gioco la vita dei nostri giovani, la possibilità per loro di essere "classi dirigenti" nel comprendere e nel riuscire a governare la Storia, non lasciandosene travolgere.
Chi ha la responsabilità della formazione dei giovani deve tornare ad essere un Maestro, se ne ha la vocazione e il carisma. I più, auto-proclamatisi professori, preparano dispense.
Wednesday, 24 June 2015
Intellettuali (Marco Emanuele)
I grandi intellettuali sono coloro che cercano di condividere le risposte, azzeccando le domande
Libertà e necessità (Marco Emanuele)
La parola libertà diventa atto quando ci fa accogliere l'altro lato della necessità
Analfabetismo da competizione (Marco Emanuele)
La formazione transdisciplinare è l'unica pertinente per uscire dall'analfabetismo da competizione
Dio degli ultimi (Marco Emanuele)
Il Dio degli ultimi dovrebbe illuminare certe verità distorte di uomini solo vestiti di sacro
Classi dirigenti (Marco Emanuele)
Si pone il problema strategico, nel terzo millennio digitale, di come formare classi dirigenti. Si tratta di adeguare competenza, flessibilità, visione ai tempi che stiamo vivendo e ai mondi che evolvono. Nulla cambia, se non le modalità.
Le strutture organizzate, partiti, sindacati e quant'altre, si ritrovano incapaci di avere un ruolo nella "società liquida". Ma i problemi del governo della convivenza permangono e rimane la necessità di guide credibili in grado di suscitare e di far condividere i cambiamenti.
Mancano visionari, persone con la passione progettuale per il futuro già presente.
Le strutture organizzate, partiti, sindacati e quant'altre, si ritrovano incapaci di avere un ruolo nella "società liquida". Ma i problemi del governo della convivenza permangono e rimane la necessità di guide credibili in grado di suscitare e di far condividere i cambiamenti.
Mancano visionari, persone con la passione progettuale per il futuro già presente.
Sinistra, destra, '900 (Marco Emanuele)
Se sinistra è parola fuori catalogo anche destra non scherza. Usciamo dal '900
Satira amara (Marco Emanuele)
La satira intelligente descrive seriamente la mediocrità delle
nostre cosiddette "classi dirigenti". Di fronte alle sfide storiche,
buona parte dei nostri politici (di appartenenze diverse) sono nani,
piccoli strumenti nelle mani di comitati d'affari più o meno legali.
Sono solo marionette. E' proprio in questo momento che ci vorrebbe un
sussulto di dignità da parte di coloro che non si sentono omologati ma
che si sentono liberi.
C'è qualcuno, nel nostro meraviglioso
Paese, che crede nel cambiamento come ritorno alla "consapevolezza
sistemica" e alla costruzione di concrete prospettive strategiche ? C'è
qualcuno in grado di giocare alla partita del mondo con la statura dello
statista ? Ridiamo di satira, ridiamo di noi.
Gli italiani (Marco Emanuele)
Italiani si diventa.
Rincorriamo l'uomo forte e lo applaudiamo, e poi lo contestiamo e inneggiamo alla sua caduta; gli italiani.
Moraleggiamo nei bar e fiancheggiamo l'illegalità, attratti dalle zone grigie; gli italiani.
Siamo eredi di un grande passato ma sembriamo incapaci di un grande futuro; gli italiani.
Rincorriamo l'uomo forte e lo applaudiamo, e poi lo contestiamo e inneggiamo alla sua caduta; gli italiani.
Moraleggiamo nei bar e fiancheggiamo l'illegalità, attratti dalle zone grigie; gli italiani.
Siamo eredi di un grande passato ma sembriamo incapaci di un grande futuro; gli italiani.
Lavoriamo e produciamo ma ci stanca il solo pensare al bene comune.
Non cambiamo mai, rottamiamo.
E via discorrendo.
Ma, in fondo, siamo brava gente.
Bar Italia (Marco Emanuele)
L'Italia è un grande bar. E la gara è fra chi semplifica di
più, fra ruspe, mediocrità e grandi opere senza visione strategica.
Eppure, nonostante tutto, siamo ancora un grande Paese; siamo pur sempre
al centro della cultura mondiale, luogo della grande Storia, eredi di
grandi tradizioni politiche. Oggi ci ritroviamo un Paese bloccato, in
rottamazione, punta di un'Europa tecnocratica e inerme di fronte alle
gravi crisi che la circondano.
Abbiamo bisogno di intellettuali
che siano consiglieri della verità e non solo consiglieri del principe di turno e
di classi dirigenti in grado di trascinare il nostro Paese stanco nella
normalità democratica.La libertà al centro (Marco Emanuele)
Un mio amico con una grande esperienza istituzionale mi dice spesso che la democrazia è un metodo. Concordo, aggiungendo che è un processo, un cammino, un dialogo. Oggi, invece, nella dilagante
cultura tecnocratica del presente, essa e' considerata come un modello
replicabile.
Se c'è qualcosa che dà senso al metodo democratico è la libertà; non il suo valore retoricamente declamato ma la libertà incarnata nelle contraddizioni della realtà della vita. E' la libertà vissuta che ci riguarda profondamente e che va ripensata e ricostruita insieme, consapevoli che non può essere data per scontata; la libertà non può mai considerarsi conquistata ma va sempre difesa e reintegrata in noi. In sostanza, attraverso la libertà ci riappropriamo dell'umanità che sembriamo avere smarrito. E, solo così, il metodo democratico può finalizzarsi alla liberazione del progetto umano e non trasformarsi in un arido, e precario, modello tecnocratico.
Se c'è qualcosa che dà senso al metodo democratico è la libertà; non il suo valore retoricamente declamato ma la libertà incarnata nelle contraddizioni della realtà della vita. E' la libertà vissuta che ci riguarda profondamente e che va ripensata e ricostruita insieme, consapevoli che non può essere data per scontata; la libertà non può mai considerarsi conquistata ma va sempre difesa e reintegrata in noi. In sostanza, attraverso la libertà ci riappropriamo dell'umanità che sembriamo avere smarrito. E, solo così, il metodo democratico può finalizzarsi alla liberazione del progetto umano e non trasformarsi in un arido, e precario, modello tecnocratico.
Per la libertà (Marco Emanuele)
Il tema è la libertà, mettiamocelo in testa. Non c'è altro tema al di fuori di questo; se non c'è la libertà, infatti, ogni nostro discorso crolla miseramente, diventa vuoto ed inutile, si scontra con una assordante assenza di prospettiva. Piccola voce, avvertiamo un pericolo per la libertà; e non nei termini di un ritorno a forme autoritarie o totalitarie che si vogliono imputare alla volontà di decisione del nostro giovane premier, ma guardando alla pochissima cura che mettiamo nel far rigenerare l'idea e la pratica della libertà. Il passato non ritorna ma il metodo democratico, di fronte ad una libertà solo declamata, può degenerare e trasformarsi nella sua negazione. Abbiamo gli anticorpi sufficienti per comprendere che la salvaguardia della libertà è ciò a cui siamo chiamati da persone umane e da cittadini ? Ci rendiamo conto di quanta crudeltà seminiamo in giro per il mondo, tornando preistorici e crollando nel disumano, e di quanta bellezza avremmo bisogno per ritornare a vivere da esseri umani ?
Finzioni democratiche (Marco Emanuele)
Non facciamoci fregare da questi illusionisti del consenso; non faccio considerazioni sulle persone, sia chiaro, ma sul sistema nel quale molti di noi devono inevitabilmente vivere. Attaccare i politici è un pò come rubare in Chiesa, un gioco scontato senza neanche troppo divertimento; attaccare i politici è lo sfogatoio dove i mediocri insultano i mediocri. Per questo, mi fermo brevemente a ragionare sul fatto che il problema è sistemico e che questi politici, certamente nani di fronte alla Storia, sono il "personale necessario" a che le tecnocrazie possano completare i loro processi di riforme, anche istituzionali. E' così che abbiamo un problema più serio dell'attaccare i politici nostrani; quelli sono strumenti, al pari di noi, pagati per fare finta di rappresentare un popolo che non li elegge. Qui c'è bisogno di ripensare insieme il valore profondo del metodo democratico e, ancora una volta, di stupirci delle meraviglie di una libertà di cui ci è rimasta l'ombra.
Appello agli italiani medi (Marco Emanuele)
In giro c'è tanta voglia di semplificare. E' più facile ma, si dica una volta per tutte, è dannoso. Non foss'altro perché la vita è complessa e non riducibile ai suoi elementi. E invece alcuni tentano di farci credere che questa complessità sia una difficoltà, una costruzione intellettuale, un fastidio. Si pensi al dibattito italiano intorno alle cosiddette riforme istituzionali, un tentativo assai furbo di pensare che l'assetto istituzionale di uno Stato si possa modernizzare con un colpo di spugna, che le stratificazioni di decenni siano un qualcosa che può essere cancellato con una mossa decisiva, addirittura con un tweet. E poi, i nostri giovani politici sono convinti della forza del nuovismo ad ogni costo, portatori del niente come presunto progetto politico-strategico. Ma lo capiamo o no, colleghi italiani medi, che considerare le istituzioni come meccanismi da spezzettare a proprio piacimento mette in discussione l'essenza stessa del nostro vivere democratico e che ne va del nostro (e tanto caro) principio di libertà ?
Tuesday, 23 June 2015
Piccoli politici, grande retorica (Marco Emanuele)
Ci vediamo costretti, parlando dei politici di oggi, a considerare la retorica in senso negativo. Più le persone sono piccole, mediocri, più l'utilizzo della retorica deteriore è necessario per convincere senza far ragionare. Non a caso si dice "parlare alla pancia". E in questo tempo, nel quale siamo tutti, in misura minore o maggiore, prigionieri della necessità, il "parlare alla pancia" è più comodo e arriva prima. Il far ragionare è un qualcosa che deve toccare la nostra ragione, convincerci della necessità di avere un pensiero critico, dunque libero, sulla realtà; ma solo le persone con un certo spessore parlano alla ragione mentre i mediocri, come accade, si limitano a toccare emozioni superficiali, a parlare per slogan o per simboli immediatamente comprensibili (la ruspa, ad esempio) o ad utilizzare il contraddittorio del parlare più forte dell'altro (il dare spettacolo). E il "parlare alla pancia" serve per non affrontare nel profondo certi problemi che toccano la convivenza umana, si pensi all'immigrazione.
Per concludere, Papa Francesco utilizza un linguaggio semplice ma va dritto al cuore; è la retorica migliore, quella che non urla e non semplifica, che ci fa sentire la necessità, attraverso la responsabilità, di uscire dalla eterodirezione.
Per concludere, Papa Francesco utilizza un linguaggio semplice ma va dritto al cuore; è la retorica migliore, quella che non urla e non semplifica, che ci fa sentire la necessità, attraverso la responsabilità, di uscire dalla eterodirezione.
L'integrazione nell'oltre (Marco Emanuele)
Il cammino-dialogo di pace è cammino-dialogo nell'integrazione fra
differenze. L'integrazione è l'atto che trasforma ogni realtà facendola
ricongiugere, in ogni istante globale e tempiterno, con l'oltre che
finalizza ogni processo evolutivo. Ci liberiamo nell'oltre tanto quanto
siamo prigionieri nell'eterno presente.
Nell'integrarci, contemporaneamente, abbandoniamo qualcosa di consolidato per arricchirci con qualcosa di sconociuto; è nell'integrazione che ci riscopriamo, riscoprendo l'altro DI noi come la nostra parte che ancora non conosciamo.
Nell'integrarci, contemporaneamente, abbandoniamo qualcosa di consolidato per arricchirci con qualcosa di sconociuto; è nell'integrazione che ci riscopriamo, riscoprendo l'altro DI noi come la nostra parte che ancora non conosciamo.
Cammino-dialogo di pace (Marco Emanuele)
Nella globalità vive la pace come circolo virtuoso e come progetto
storico mentre nella globalizzazione la pace è, semplicisticamente,
l'assenza di guerra dichiarata. La nostra prima responsabilità di
persone umane è nell'essere consapevoli della complessità del globale
come cammino-dialogo nel quale vive il mondo-della-vita, prima di tutto
in noi; cammino-dialogo imperfetto ed incerto che si nutre di
differenze, di degenerazioni e di rigenerazioni. In questo
cammino-dialogo matura la pace come pacificazione, come Ricerca
dell'armonia, come cooperazione fra differenze.
Ricongiungere i mondi (Marco Emanuele)
Abbiamo bisogno di far maturare e di consolidare un "pensiero complesso"
sui mondi che evolvono, finalizzando strategicamente la nostra ragione
in termini cooperativi. E' tempo di ricongiungere i mondi in chiave
globale mentre, invece, insistiamo nel separarli in chiave globalizzata;
nel primo caso lavoreremmo per la pace come circolo virtuoso e come
progetto storico, mediando le differenze, i rapporti di forza e gli
interessi particolari. Invece, ci ostiniamo a lavorare per una guerra
combattuta sotto varie forme.
L'inganno della "ragione competitiva" (Marco Emanuele)
Il più grande inganno è quello della nostra "ragione competitiva" che,
anziché farci usare la ragione per comprendere la realtà globale e per
com-prenderla in noi, ci porta a separare la realtà nell'illusione di poterla
dominare. Si tratta di un inganno perché, come vediamo oggi, la realtà
si ribella e ci restituisce la sua non compresa complessità in termini
di sfide e di problemi non governati e sempre meno governabili.
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