Da anni volano tranquilli. Guidati dal pilota (quasi) automatico delle banche centrali. Ma ora i mercati finanziari si stanno avvicinando a un terribile "triangolo delle Bermuda", formato da Grecia, Cina e geopolitica. Tre incognite diverse, ma per molti versi intrecciate l'una nell'altra, che potrebbero far impazzire i radar degli investitori e creare un periodo di alta turbolenza. Di elevata volatilità. O un effetto domino globale. La Grecia è il primo "lato" del triangolo. A seconda di come andrà il referendum di oggi si apriranno scenari diversi, con potenziali differenti reazioni delle Borse. E' vero che i mercati hanno ormai digerito tutti i possibili scenari ed è anche vero che ormai l'esposizione degli investitori sulla penisola ellenica è marginale: per questo la maggioranza degli economisti è convinta che, anche nell'ipotesi peggiore, il contagio possa essere relativamente contenuto nel tempo e nell'entità. Ma il rischio è che i mercati sottovalutino l'effetto a catena (magari avanti nel tempo) che l'uscita dall'euro di Atene potrebbe creare. La questione cinese è invece una sorpresa proprio per questo ancor più temibile dopo anni in cui siamo stati abituati a guardare Pechino come la locomotiva del mondo, ora si inizia a vedere la sua Borsa come un gigantesco schema Ponzi fatto di iper-indebitamento e di euforia collettiva. Per anni l'economia cinese è cresciuta con una pioggia di credito al sistema industriale, tanto che l'indebitamento delle imprese è aumentato dal 98% del Pil del 2007 al 155% del 2014. Ma nell'ultimo periodo, grazie a una legislazione favorevole che ha aperto la Borsa ai piccoli risparmiatori, la bolla si è trasferita sul listino: da tempo parrucchieri, negozianti e contadini hanno iniziato a indebitarsi per comprare in Borsa (con soldi presi in prestito) azioni di aziende altrettanto iper-indebitate. Un fenomeno di massa, che ha pompato gli indici azionari alimentando l'euforia: in un anno la Borsa di Shaghai ha guadagnato il 55%. Ma dal 12 giugno ha perso il 29%. E continua a tremare. Il terzo "lato" del triangolo è rappresentato dalle mille crisi geopolitiche. Non solo l'Isis o il Nord Africa, ma anche la questione russo-ucraina e le ondate migratorie (che come la questione ellenica stanno mettendo in crisi la politica europea): tutto questo rischia di destabilizzare i mercati. La stessa vicenda greca potrebbe diventare una questione geopolitica, se Atene si avvicinasse all'orbita russa o se - come ipotizza qualcuno - uscisse dalla Nato: non solo Atene ha una posizione geograficamente strategica, ma è anche - secondo Rbs - uno dei cinque Paesi della Nato che ha la maggiore spesa militare in rapporto al Pil. Far saltare Atene, insomma, rischia di aprire un vaso di Pandora. I listini viaggiano in mezzo a tutto questo. Con un ulteriore problema "tecnico": la liquidità (a causa delle nuove regole internazionali delle banche) è sempre più ridotta sui mercati obbligazionari. I mercati sono insomma in secca: pochi comprano, pochi vendono. Questo ha due potenziali effetti. Uno: se scoppiasse il panico, diventerebbe molto difficile vendere i bond perché non esiste quasi più un mercato secondario dove farlo. Due: le vendite si esaspererebbero sul mercato più liquido, cioè quello azionario, creando ancor più volatilità. Questi, certo, sono solo rischi potenziali. Ma alle Bermude è sempre meglio allacciare le cinture.
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