Esistiamo senza comprendere ed accogliere le complessità del
Mondo-Della-Vita. Ciò che è naturalmente alterità, la vita, ci scorre accanto,
parallela. Sembriamo non avvertire il richiamo di un destino comune in noi
(siamo fatti di natura umana, co-apparteniamo al globale), con ogni altro DI
noi (il differente con il quale siamo chiamati a integrarci), con la realtà globalmente
intesa (ciò che, al contempo, ci comprende e ci supera). Dobbiamo vincere la
percezione di uno scorrere parallelo della vita, riappropriarci della nostra
storia personale come parte di una Storia più ampia, ricongiungerci con ciò che
ci circonda e che, in realtà, ci percorre fin nei nostri misteri più intimi e a
volte imperscrutabili. E’ questa “riappropriazione necessaria” che costituisce
il primo ambito di riflessione di quella che chiamiamo “politica complessa”.
Risulta chiaro, avviando così questa riflessione, che la “politica
complessa” è anzitutto ricerca e costruzione di processi di riappropriazione
del globale in noi. Se scegliamo la globalità, scegliamo di appartenere alla
vita, di rifletterci in essa e di volerla conoscere, mai restando sulla
superficie dell’esistenza. Esistere è stare al mondo senza il rischio della
profondità, è aderire alla semplificazione e alla riduzione, è tradire la
nostra natura.
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