La prevedibilità e la natura e portata della crisi sono anche strettamente connesse alla concezione dell'impresa e delle sue finalità. Gli ultimi 30 anni hanno visto il dominio di una teoria deliberante e distruttiva, quella della massimizzazione del valore per gli azionisti. (...)
Al centro deve esserci l'impresa e non la proprietà. La proprietà è solo una componente dell'impresa. Lo slogan che bisogna interessarsi solo della massimizzazione di valore per gli azionisti è più che una favola, un micidiale errore. Ha giustificato nella prassi le più immonde sconcezze. Ha fatto fare al pensiero manageriale un regresso di oltre 80 anni (...) Il compito degli amministratori e dei dirigenti è di far fiorire l'impresa, soggetto di sviluppo collettivo, e, per questa via ed indirettamente, anche di far crescere, a lungo termine, il valore per gli azionisti. Chiedere a un amministratore di interessarsi solo o prevalentemente della creazione di valore per gli azionisti è chiedere allo stesso di comportarsi da idiota o da irresponsabile. (...)
L'impresa è un'equazione complessa, non c'è solo la proprietà. Ci sono la proprietà, il lavoro, la conoscenza accumulata, il territorio, l'ambiente. E il mandato professionale, e quindi l'etica del management, non è quello di produrre, comunque, valore per gli azionisti: è quello di produrre "per buono procacciamento" valore aggiunto per l'impresa, in modo che questo valore poi, attraverso l'equazione impresa, si distribuisca tra tutti i soggetti interni ed esterni alla stessa, secondo le proporzioni stabilite (...)
l'impresa non è un gulag, un campo di concentramento, è un soggetto storico che fiorisce se i suoi talenti, dentro, fioriscono in modo ordinato, ma vivo.
Due sottolineature dalle parole di Marco Vitale:
- l'impresa è un'equazione complessa
- l'impresa è un soggetto storico
Wednesday, 30 September 2015
Quantità e qualità (Marco Emanuele)
Alcuni giorni fa, presso la Link Campus University di Roma (www.unilink.it), si è tenuto un incontro sull'importanza dell'approccio qualitativo per comprendere le sfide e i problemi della realtà. Un approccio qualitativo che deve ritornare a "sposarsi" con quello quantitativo, ad evitare - come accade - che solo i numeri e i modelli chiusi diventino depositari della "verità della realtà" (infatti, nella realtà non esistono sistemi chiusi ma ogni "parte" è interrelata nel "tutto"). Siamo immersi in una realtà che, a partire da ciascuno di noi, è naturalmente dinamica, una realtà complessa che chiede al nostro pensiero di farsi complesso, dunque globale. Eppure siamo ancora ostaggi del pensiero lineare (e globalizzato) e di quella che potremmo definire la tattica dell' "o/o"; insomma, rifiutiamo l'idea stessa di integrazione e di dialogo perché ci vincolano alla responsabilità di conoscere, relativizzandoci per aprirci a ciò che ancora non conosciamo.
Occorre lavorare insieme a favore di una strategia dell' "e/e", ricongiungendo ciò che è disperso e ritrovandoci complessi. Quantità e qualità sono il recto e il verso della stessa medaglia e, integrate. costituiscono la natura del Mondo-Della-Vita in evoluzione.
Occorre lavorare insieme a favore di una strategia dell' "e/e", ricongiungendo ciò che è disperso e ritrovandoci complessi. Quantità e qualità sono il recto e il verso della stessa medaglia e, integrate. costituiscono la natura del Mondo-Della-Vita in evoluzione.
Tuesday, 29 September 2015
"Il trionfo dello Zar. Divide l'Occidente e fa dimenticare la crisi ucraina" (Ian Bremmer)
Riprendiamo l'intervista a Ian Bremmer sul Corriere del 29 settembre 2015, "Il trionfo dello Zar. Divide l'Occidente e dfa dimenticare la crisi ucraina"
"Obama, Putin, Rouhani, Xi Jinping,. Ognuno per la sua strada. Questa giornata di discorsi e incontri all'Onu è il trionfo del mondo senza più leadership del quale parliamo da tempo. E' una prospettiva abbastanza spaventosa. Lo è sicuramente per l'America che subisce una sconfitta bruciante, ma le conseguenze più pesanti le pagherà l'Europa perché in questa situazione il flusso dei rifugiati in fuga dal Medio Oriente in fiamme non potrà che aumentare. Oggi vince Putim un vero trionfo geopolitico il suo. Ma alla lunga anche lui pagherà un prezzo molto alto".
d - Certo, Putin che si presente a New York dipo aver fatto un accordo sull'intelligence con Teheran, il regime siriano di Assad e anche l'Iraq fino a ieri occupato dagli Usa, è roba difficile da digerire per Obama. Che, però, dal podio dell'assemblea generale ha detto di essere pronto a collaborare anche con Mosca e Teheran nella gestione della crisi siriana.
r - Vero, ma ha anche ribadito che non accetterà soluzioni che prevedono la permanenza di Assad al potere a Damasco: una posizione comprensibile alla luce di quello che la Casa Bianca ha detto in passato del massacratore siriano. Ma Putin non molla il suo alleato, oggettivamente molto rafforzato dall'arrivo di forze militari russe nel Paese. Non vedo come, in queste condizioni, si possa definire una strategia comune. Si andrà avanti in ordine sparso con intese legate soprattutto alla necessità di evitare incidenti. D'altra parte gli americani hanno lasciato un vuoto in Medio Oriente, e ora Putin lo occupa spiegando che, se non lo fa lui, in quel buco si infilerà l'Isis.
d - All'Onu Obama ha rivendicato il ruolo costruttivo degli Usa, ha sostenuto che Washington in un mondo interconnesso non può fare da sola, che conviene a tutti cooperare. Ha parlato di una storia che è piena di dittatori che sembravano invincibili e sono invece crollati.
r - Sul piano dei valori ha le sue ragioni, ma dal punto di vista strategico ora la situazione è chiara: nel momento in cui ha deciso che le sue priorità sono l'accordo nucleare con l'Iran e la lotta contro l'Isis, Obama ha reso inevitabile il rafforzamento di Mosca e Teheran. Che ne approfittano: i russi costruendo un dispositivo militare in Siria, gli ayatollah aumentando la presa sull'Iraq dove le forze iraniane sono le uniche a contrastare davvero gli insorti dello Stato islamico.
d - Il trionfo di Putin
E come lo vuole chiamare ? Aumenta la sua influenza in Medio Oriente e comincia a dividere gli alleati europei degli Usa, alcuni favorevoli a chiudere un occhio su Assad. Ha pure fatto scivolare in secondo piano la crisi ucraina.
"Obama, Putin, Rouhani, Xi Jinping,. Ognuno per la sua strada. Questa giornata di discorsi e incontri all'Onu è il trionfo del mondo senza più leadership del quale parliamo da tempo. E' una prospettiva abbastanza spaventosa. Lo è sicuramente per l'America che subisce una sconfitta bruciante, ma le conseguenze più pesanti le pagherà l'Europa perché in questa situazione il flusso dei rifugiati in fuga dal Medio Oriente in fiamme non potrà che aumentare. Oggi vince Putim un vero trionfo geopolitico il suo. Ma alla lunga anche lui pagherà un prezzo molto alto".
d - Certo, Putin che si presente a New York dipo aver fatto un accordo sull'intelligence con Teheran, il regime siriano di Assad e anche l'Iraq fino a ieri occupato dagli Usa, è roba difficile da digerire per Obama. Che, però, dal podio dell'assemblea generale ha detto di essere pronto a collaborare anche con Mosca e Teheran nella gestione della crisi siriana.
r - Vero, ma ha anche ribadito che non accetterà soluzioni che prevedono la permanenza di Assad al potere a Damasco: una posizione comprensibile alla luce di quello che la Casa Bianca ha detto in passato del massacratore siriano. Ma Putin non molla il suo alleato, oggettivamente molto rafforzato dall'arrivo di forze militari russe nel Paese. Non vedo come, in queste condizioni, si possa definire una strategia comune. Si andrà avanti in ordine sparso con intese legate soprattutto alla necessità di evitare incidenti. D'altra parte gli americani hanno lasciato un vuoto in Medio Oriente, e ora Putin lo occupa spiegando che, se non lo fa lui, in quel buco si infilerà l'Isis.
d - All'Onu Obama ha rivendicato il ruolo costruttivo degli Usa, ha sostenuto che Washington in un mondo interconnesso non può fare da sola, che conviene a tutti cooperare. Ha parlato di una storia che è piena di dittatori che sembravano invincibili e sono invece crollati.
r - Sul piano dei valori ha le sue ragioni, ma dal punto di vista strategico ora la situazione è chiara: nel momento in cui ha deciso che le sue priorità sono l'accordo nucleare con l'Iran e la lotta contro l'Isis, Obama ha reso inevitabile il rafforzamento di Mosca e Teheran. Che ne approfittano: i russi costruendo un dispositivo militare in Siria, gli ayatollah aumentando la presa sull'Iraq dove le forze iraniane sono le uniche a contrastare davvero gli insorti dello Stato islamico.
d - Il trionfo di Putin
E come lo vuole chiamare ? Aumenta la sua influenza in Medio Oriente e comincia a dividere gli alleati europei degli Usa, alcuni favorevoli a chiudere un occhio su Assad. Ha pure fatto scivolare in secondo piano la crisi ucraina.
Usa, Russia, Iran, Europa, la partita a quattro su Assad (U.D.G.)
U.D.G. scrive su l'Unità del 29 settembre 2015, "Usa, Russia, Iran, Europa, la partita a quattro su Assad".
(...) transizione senza ma anche "con Assad": il possibilismo di Erdogan è l'altro elemento di novità nella "partita siriana" a cui corrisponde il riavvicinamento fra Turchia e Russia. Quanto al leader del Cremlino, la proposta agli Stati Uniti è chiara: una nuova grande coalizione che comprenda Russia, Usa e tutti gli altri Paesi impegnati militarmente nel conflitto. Lo scopo: sostenere il governo siriano per sconfiggere Isis e, dopo, pensare a un processo di transizione: una sorta di "Yalta mediorientale". Ma per gettarne le basi occorre concordare sul presente e futuro di Assad. Su questo, segnali di disponibilità sono giunti anche da parte americana. Assad deve lasciare, ma non necessariamente subito, piuttosto dopo un negoziato. (...) "Assad non può essere nella governance futura della Siria, ma questo non significa che i rappresentanti del regime non possano essere al tavolo dei negoziati", dice Catherine Ray, portavoce dell'Alto rappresentante per la politica estera della Ue, Federica Mogherini.
(...) transizione senza ma anche "con Assad": il possibilismo di Erdogan è l'altro elemento di novità nella "partita siriana" a cui corrisponde il riavvicinamento fra Turchia e Russia. Quanto al leader del Cremlino, la proposta agli Stati Uniti è chiara: una nuova grande coalizione che comprenda Russia, Usa e tutti gli altri Paesi impegnati militarmente nel conflitto. Lo scopo: sostenere il governo siriano per sconfiggere Isis e, dopo, pensare a un processo di transizione: una sorta di "Yalta mediorientale". Ma per gettarne le basi occorre concordare sul presente e futuro di Assad. Su questo, segnali di disponibilità sono giunti anche da parte americana. Assad deve lasciare, ma non necessariamente subito, piuttosto dopo un negoziato. (...) "Assad non può essere nella governance futura della Siria, ma questo non significa che i rappresentanti del regime non possano essere al tavolo dei negoziati", dice Catherine Ray, portavoce dell'Alto rappresentante per la politica estera della Ue, Federica Mogherini.
Cuba, la svolta in cerca di partner (Roberto Da Rin)
Roberto Da Rin scrive sul Sole 24 Ore del 29 settembre 2015, "Cuba, la svolta in cerca di partner"
Obama ha scelto quindi di accelerare il disgelo adottando misure che flessibilizzino da subito l'operatività delle imprese americane e la cooperazione bilaterale tra i due Paesi. L'embargo infatti per ora resta in vigore. Nonostante i favori dei deputati democratici e di alcuni repubblicani verso l'apertura verso Cuba, non va dimenticato che alcuni leader del Congresso sono contrari all'abolizione del bloqueo. Tra questi persino alcuni candidati alle prossime elezioni presidenziali, per esempio Jeb Bush. Obama utilizza quindi i suoi super poteri per accelerare le procedure: per esempio aumentando il numero delle categorie di operatori autorizzati ad avere relazioni commerciali con Cuba. Un escamotage per ovviare agli intralci dei congressisti ancora ostili alla abolizione dell'embargo. Al di là delle relazioni con gli Stati Uniti, il governo di Cuba cerca di intensificare gli accordi economici internazionali. La grave crisi economica del Venezuela pregiudica infatti le forniture di petrolio da Caracas a L'Avana e pone seri problemi energetici all'isola caraibica. Entro breve la società cinese Beijing Enterprises holdings, in joint venture con il gruppo cubano Palmares, ha creato una mega agenzia immobiliare di alberghi e campi da golf nella zona di Bellomonte, a Est de L'Avana. I due ministri del Turismo, il cubano Manuel Marrero e il cinese Li Jinzao, hanno già siglato accordi di cooperazione. Raul Castro cerca di rafforzare, da tempo, i rapporti con la Cina.
Obama ha scelto quindi di accelerare il disgelo adottando misure che flessibilizzino da subito l'operatività delle imprese americane e la cooperazione bilaterale tra i due Paesi. L'embargo infatti per ora resta in vigore. Nonostante i favori dei deputati democratici e di alcuni repubblicani verso l'apertura verso Cuba, non va dimenticato che alcuni leader del Congresso sono contrari all'abolizione del bloqueo. Tra questi persino alcuni candidati alle prossime elezioni presidenziali, per esempio Jeb Bush. Obama utilizza quindi i suoi super poteri per accelerare le procedure: per esempio aumentando il numero delle categorie di operatori autorizzati ad avere relazioni commerciali con Cuba. Un escamotage per ovviare agli intralci dei congressisti ancora ostili alla abolizione dell'embargo. Al di là delle relazioni con gli Stati Uniti, il governo di Cuba cerca di intensificare gli accordi economici internazionali. La grave crisi economica del Venezuela pregiudica infatti le forniture di petrolio da Caracas a L'Avana e pone seri problemi energetici all'isola caraibica. Entro breve la società cinese Beijing Enterprises holdings, in joint venture con il gruppo cubano Palmares, ha creato una mega agenzia immobiliare di alberghi e campi da golf nella zona di Bellomonte, a Est de L'Avana. I due ministri del Turismo, il cubano Manuel Marrero e il cinese Li Jinzao, hanno già siglato accordi di cooperazione. Raul Castro cerca di rafforzare, da tempo, i rapporti con la Cina.
Monday, 28 September 2015
Why can't NATO and the EU just get along? (Brookings)
For anybody who spends time in Brussels, one of the more baffling mysteries in the self-styled “capital of Europe” is the lack of communication between the North Atlantic Treaty Organization and the European Union. Even though these vital Western institutions are located just a few miles from each other, there is a striking absence of policy coordination between them. This, at a time when the European continent is confronting multiple crises whose solutions will require ingenuity, innovative thinking, and smarter use of resources.
http://www.brookings.edu/blogs/order-from-chaos/posts/2015/09/28-strategic-partnership-nato-eu-drozdiak
http://www.brookings.edu/blogs/order-from-chaos/posts/2015/09/28-strategic-partnership-nato-eu-drozdiak
To hack, or not to hack? (Brookings)
Has President Barack Obama secured relief from Chinese hacking? That is the question on the minds of many following the announcement by the American leader and his counterpart, Chinese President Xi Jinping, on September 25, 2015. On balance, the agreement is a step in the right direction.
http://www.brookings.edu/blogs/up-front/posts/2015/09/28-us-china-hacking-agreement-bejtlich
http://www.brookings.edu/blogs/up-front/posts/2015/09/28-us-china-hacking-agreement-bejtlich
I raid non bastano ma l'Europa non ha alleati sul terreno (Olivier Roy)
da la Repubblica del 28 settembre 2015, "I raid non bastano ma l'Europa non ha alleati sul terreno"
"I bombardamenti aerei in Siria sono poco più che simbolici". Il giudizio di Olivier Roy sulla nuova tappa nella strategia militare contro l'Is è netto. "Non si tratta di una svolta", commenta l'orientalista professore all'Istituto universitario europeo di Firenze. Roy è appena tornato da un lungo periodo di studio in Turchia, che ha rafforzato la sua convinzione: l'Occidente si trova in un' impasse non solo militare, ma anche diplomatica.
d - La Francia parla di "legittima difesa". E' un'espressione corretta ?
r - Sono escamotage comunicativi. I raid non fermeranno il terrorismo in Occidente. L'unico modo di proteggerci veramente sarebbe blindare la frontiera tra Turchia e Siria. Ma Istanbul ha altre priorità.
d - Sta dicendo che soltanto i curdi sono alleati possibili a terra ?
r - Finora sono stati gli oppositori più validi contro l'Is. Il problema è che i curdi pensano ai loro interessi e non hanno nessuna intenzione di andare a conquistare Damasco. E d'altra parte l'Occidente non può neanche allearsi con al Nusra che ha un atteggiamento fortemente ambiguo.
d - Non c'è la possibilità di organizzare un'opposizione legittima ed efficace ?
r - Abbiamo visto quel che succede con i nuovi combattenti formati dagli americani: finiscono per andare ad aumentare le truppe di al Nusra. Finora qualsiasi tentativo occidentale di costruire un'opposizione laica e democratica contro l'Is ha miseramente fallito.
d - L'appello di Putin è convincente ?
r - Anche se Putin sa che non c'è più la possibilità di tornare indietro verso un governo della Siria di Assad, vuole rafforzare il bastione della comunità alawita. Il problema è che questa comunità è solo una componente del paese, e non potrà più rappresentare da sola il potere.
d - E cosa pensa della strategia di Barack Obama ?
r - L'America sta guadagnando tempo. Obama non vuole un vero coinvolgimento in questo conflitto. Fa una politica abbastanza cinica. La questione resta in mano all'Europa che però non ha né le forze militari né l'unità politica sufficiente per risolvere la guerra.
"I bombardamenti aerei in Siria sono poco più che simbolici". Il giudizio di Olivier Roy sulla nuova tappa nella strategia militare contro l'Is è netto. "Non si tratta di una svolta", commenta l'orientalista professore all'Istituto universitario europeo di Firenze. Roy è appena tornato da un lungo periodo di studio in Turchia, che ha rafforzato la sua convinzione: l'Occidente si trova in un' impasse non solo militare, ma anche diplomatica.
d - La Francia parla di "legittima difesa". E' un'espressione corretta ?
r - Sono escamotage comunicativi. I raid non fermeranno il terrorismo in Occidente. L'unico modo di proteggerci veramente sarebbe blindare la frontiera tra Turchia e Siria. Ma Istanbul ha altre priorità.
d - Sta dicendo che soltanto i curdi sono alleati possibili a terra ?
r - Finora sono stati gli oppositori più validi contro l'Is. Il problema è che i curdi pensano ai loro interessi e non hanno nessuna intenzione di andare a conquistare Damasco. E d'altra parte l'Occidente non può neanche allearsi con al Nusra che ha un atteggiamento fortemente ambiguo.
d - Non c'è la possibilità di organizzare un'opposizione legittima ed efficace ?
r - Abbiamo visto quel che succede con i nuovi combattenti formati dagli americani: finiscono per andare ad aumentare le truppe di al Nusra. Finora qualsiasi tentativo occidentale di costruire un'opposizione laica e democratica contro l'Is ha miseramente fallito.
d - L'appello di Putin è convincente ?
r - Anche se Putin sa che non c'è più la possibilità di tornare indietro verso un governo della Siria di Assad, vuole rafforzare il bastione della comunità alawita. Il problema è che questa comunità è solo una componente del paese, e non potrà più rappresentare da sola il potere.
d - E cosa pensa della strategia di Barack Obama ?
r - L'America sta guadagnando tempo. Obama non vuole un vero coinvolgimento in questo conflitto. Fa una politica abbastanza cinica. La questione resta in mano all'Europa che però non ha né le forze militari né l'unità politica sufficiente per risolvere la guerra.
Barack sbaglia strategia in Siria. E il Cremlino ne approfitterà (John Bolton)
da la Repubblica del 28 settembre 2015, "Barack sbaglia strategia in Siria. E il Cremlino ne approfitterà"
Ormai è chiaro che il Cremlino sta cercando di restituire alla Russia un ruolo di grande potenza mondiale. E in Medio Oriente Putin intravvede un'occasione unica. Mosca era in pratica assente dalla regione da quando Sadat buttò fuori dall'Egitto i consiglieri militari russi, mentre adesso il "vacuum" di Obama le permette di mettere piede in Siria e di porsi con interlocutore privilegiato.
Se non nell'interesse nazionale degli Stati Uniti, non vedo perché la Casa Bianca dovrebbe collaborare con la Russia: sapendo anche che da 350 anni Mosca cerca un accesso al Mediterraneo.
d - Condivide l'opinione di chi dice che in troppi casi, come in Libia, il ruolo occidentale nello spodestare i vecchi regimi autoritari abbia favorito il caos e l'estremismo islamico ?
r - Occorre un esame caso per caso: in Egitto fu sbagliato liberarsi di Hosni Mubarak, mentre fu giusto l'appoggio militare anti-Gheddafi perché Tripoli stava preparando una nuova campagna terrorista, come quella che portò all'esplosione dell'aereo Pan Am sui cieli della Scozia.
d - Obama e Putin parleranno anche dell'Ucraina .....
r - E Putin cercherà di avere qualche sconto sulle sanzioni. L'unico sistema che vedo per contrastare Mosca è fornire armi agli ucraini e addestrarli militarmente in modo che, come ai vecchi tempi in Afghanistan, i russi paghino un prezzo molto alto per l'invasione.
Ormai è chiaro che il Cremlino sta cercando di restituire alla Russia un ruolo di grande potenza mondiale. E in Medio Oriente Putin intravvede un'occasione unica. Mosca era in pratica assente dalla regione da quando Sadat buttò fuori dall'Egitto i consiglieri militari russi, mentre adesso il "vacuum" di Obama le permette di mettere piede in Siria e di porsi con interlocutore privilegiato.
Se non nell'interesse nazionale degli Stati Uniti, non vedo perché la Casa Bianca dovrebbe collaborare con la Russia: sapendo anche che da 350 anni Mosca cerca un accesso al Mediterraneo.
d - Condivide l'opinione di chi dice che in troppi casi, come in Libia, il ruolo occidentale nello spodestare i vecchi regimi autoritari abbia favorito il caos e l'estremismo islamico ?
r - Occorre un esame caso per caso: in Egitto fu sbagliato liberarsi di Hosni Mubarak, mentre fu giusto l'appoggio militare anti-Gheddafi perché Tripoli stava preparando una nuova campagna terrorista, come quella che portò all'esplosione dell'aereo Pan Am sui cieli della Scozia.
d - Obama e Putin parleranno anche dell'Ucraina .....
r - E Putin cercherà di avere qualche sconto sulle sanzioni. L'unico sistema che vedo per contrastare Mosca è fornire armi agli ucraini e addestrarli militarmente in modo che, come ai vecchi tempi in Afghanistan, i russi paghino un prezzo molto alto per l'invasione.
Contro il Califatto va bene anche Assad ma guai a mandare truppe occidentali (Lawrence Korb)
da Il Messaggero di oggi, 28 settembre 2015, "Contro il Califfato va bene anche Assad ma guai a mandare truppe occidentali"
d - Dobbiamo quindi fidarci di Assad ?
r - Il delegato britannico al Congresso di Versailles Harold Nicholson disse: "Le nazioni non hanno alleati o nemici perenni: solo i loro interessi sono permanenti". Questa logica del realismo permise a Nixon di affermarsi con la Cina contro la Russia quando a Pechino ancora imperversava la rivoluzione culturale. Il dibattito sulle sorti di Assad invece oggi sta paralizzando l'efficacia dell'azione alleata in Siria.
d - Dobbiamo quindi fidarci di Assad ?
r - Il delegato britannico al Congresso di Versailles Harold Nicholson disse: "Le nazioni non hanno alleati o nemici perenni: solo i loro interessi sono permanenti". Questa logica del realismo permise a Nixon di affermarsi con la Cina contro la Russia quando a Pechino ancora imperversava la rivoluzione culturale. Il dibattito sulle sorti di Assad invece oggi sta paralizzando l'efficacia dell'azione alleata in Siria.
Sunday, 27 September 2015
Cina quinto investitore estero a Piazza Affari (Andrea Franceschi)
Andrea Franceschi, sul Sole 24 Ore del 27 settembre 2015 scrive "Cina quinto investitore estero a Piazza Affari".
La frenata dell'economia cinese e lo scoppio della bolla sul mercato azionario non sembrano condizionare più di tanto la strategia di investimento della Repubblica Popolare fuori dai suoi confini. E nello specifico nel nostro Paese. La notizia del possibile acquisto di una quota tra il 2 e il 5% di Poste Italiane in occasione dell'Ipo giunge come una conferma in questo senso.
La People's Bank of China oggi è in quinto investitore estero sulla piazza milanese in una classifica che, stando alla banca dati S&P Capital Iq, vede ai primi posti i big americani Blackrock (22 miliardi di euro investiti) e Vanguard (11,5), il fondo sovrano norvegese (7,3 miliardi) e la banca francese Bpce (6,4 miliardi). Questo tenendo conto solo delle partecipazioni detenute da People's Bank of China. Se si somma il miliardo e 448 milioni di euro di azioni Pirelli (il 20% del capitale) in mano a ChemChina, colosso della chimica controllato dallo Stato cinese, il saldo sale considerevolmente e, con l'ingresso nel capitale delle Poste, Pechino consoliderà ulteriormente la propria presenza sul mercato italiano.
Piazza Affari vale circa il 10% degli investimenti azionari che la Cina ha fatto sul mercato azionario europeo dove è presente soprattutto attraverso il suo fondo sovrano.
Le autorità della Repubblica Popolare sembrano preferire l'Europa a Wall Street. Il valore del portafoglio di azioni di società americane è di poco più di 24 miliardi di euro. Meno della metà del valore delle partecipazioni europee.
La frenata dell'economia cinese e lo scoppio della bolla sul mercato azionario non sembrano condizionare più di tanto la strategia di investimento della Repubblica Popolare fuori dai suoi confini. E nello specifico nel nostro Paese. La notizia del possibile acquisto di una quota tra il 2 e il 5% di Poste Italiane in occasione dell'Ipo giunge come una conferma in questo senso.
La People's Bank of China oggi è in quinto investitore estero sulla piazza milanese in una classifica che, stando alla banca dati S&P Capital Iq, vede ai primi posti i big americani Blackrock (22 miliardi di euro investiti) e Vanguard (11,5), il fondo sovrano norvegese (7,3 miliardi) e la banca francese Bpce (6,4 miliardi). Questo tenendo conto solo delle partecipazioni detenute da People's Bank of China. Se si somma il miliardo e 448 milioni di euro di azioni Pirelli (il 20% del capitale) in mano a ChemChina, colosso della chimica controllato dallo Stato cinese, il saldo sale considerevolmente e, con l'ingresso nel capitale delle Poste, Pechino consoliderà ulteriormente la propria presenza sul mercato italiano.
Piazza Affari vale circa il 10% degli investimenti azionari che la Cina ha fatto sul mercato azionario europeo dove è presente soprattutto attraverso il suo fondo sovrano.
Le autorità della Repubblica Popolare sembrano preferire l'Europa a Wall Street. Il valore del portafoglio di azioni di società americane è di poco più di 24 miliardi di euro. Meno della metà del valore delle partecipazioni europee.
Spagna nuovo anello debole d' Europa (Luigi Zingales)
Luigi Zingales scrive sul Sole 24 Ore del 27 settembre 2015, delle elezioni in Catalogna ("Spagna nuovo anello debole dell'Europa")
Come tutti i movimenti nazionalisti, anche quello Catalano ha una forte componente emozionale che sfugge alla ragione economica.
Se, prima di tutto, pensiamo alla "ragione economica" siamo nel pieno della mentalità dominante. L'economia ha le sue ragioni, è una componente fondamentale della complessità dei contesti. Ma la "ragione economica" non può avere primazie di sorta.
Come tutti i movimenti nazionalisti, anche quello Catalano ha una forte componente emozionale che sfugge alla ragione economica.
Se, prima di tutto, pensiamo alla "ragione economica" siamo nel pieno della mentalità dominante. L'economia ha le sue ragioni, è una componente fondamentale della complessità dei contesti. Ma la "ragione economica" non può avere primazie di sorta.
Fra profezia e diplomazia (Bruno Forte)
Bruno Forte, sul Sole 24 Ore del 27 settembre 2015, scrive sul discorso di Papa Francesco al Congresso americano, "Fra profezia e diplomazia".
Il discorso è stato ... un esempio di diplomazia, gravido di carica profetica, perché Francesco ha saputo proporre le esigenze più alte di giustizia e di impegno per la pace toccando al contempo le corde più sensibili della coscienza del popolo americano, a cominciare dal riferimento al "sogno americano", l' "American dream", considerato la molla propulsiva sul piano ideale degli sforzi fatti da quella grande Nazione per realizzare il proprio progresso e disegnare il suo posto nella storia.
.... politici, il cui compito prioritario deve essere quello di "iniziare processi più che possedere spazi" ...
"Una nazione può essere considerata grande quando difende la libertà, come ha fatto Lincoln; quando promuove una cultura che consenta alla gente di sognare pieni diritti per tutti i propri fratelli e sorelle, come Martin Luther King ha cercato di fare; quando lotta per la giustizia e la causa degli oppressi, come Dorothy Day ha fatto con il suo instancabile lavoro, frutto di una fede che diventa dialogo e semina pace nello stile contemplativo di Thomas Merton"
Il discorso è stato ... un esempio di diplomazia, gravido di carica profetica, perché Francesco ha saputo proporre le esigenze più alte di giustizia e di impegno per la pace toccando al contempo le corde più sensibili della coscienza del popolo americano, a cominciare dal riferimento al "sogno americano", l' "American dream", considerato la molla propulsiva sul piano ideale degli sforzi fatti da quella grande Nazione per realizzare il proprio progresso e disegnare il suo posto nella storia.
.... politici, il cui compito prioritario deve essere quello di "iniziare processi più che possedere spazi" ...
"Una nazione può essere considerata grande quando difende la libertà, come ha fatto Lincoln; quando promuove una cultura che consenta alla gente di sognare pieni diritti per tutti i propri fratelli e sorelle, come Martin Luther King ha cercato di fare; quando lotta per la giustizia e la causa degli oppressi, come Dorothy Day ha fatto con il suo instancabile lavoro, frutto di una fede che diventa dialogo e semina pace nello stile contemplativo di Thomas Merton"
Il nuovo mondo e la pace kantiana (Guido Rossi)
Guido Rossi pone una questione strategica sul Sole 24 Ore del 27 settembre 2015, Il nuovo mondo e la pace kantiana.
Un nuovo ordine mondiale si va forse ricomponendo verso una pacifica diplomazia globale ? E' quel che pare che stia accadendo in questi giorni negli Stati Uniti, dove agiscono tre protagonisti di eccezione: Barak Obama, Xi Jinping e Vladimir Putin; il tutto condito con l'intervento ecumenico di Papa Francesco al Congresso degli Stati Uniti. (...)
Un nuovo ordine mondiale si va forse ricomponendo verso una pacifica diplomazia globale ? E' quel che pare che stia accadendo in questi giorni negli Stati Uniti, dove agiscono tre protagonisti di eccezione: Barak Obama, Xi Jinping e Vladimir Putin; il tutto condito con l'intervento ecumenico di Papa Francesco al Congresso degli Stati Uniti. (...)
Scusate lo sfogo (Marco Emanuele)
Sento le parole della politica italiana e vivo un grande sconforto strategico. Eppure, a New York, qualcuno ha definito Renzi uno dei nuovi "leader globali". Mi ritiro a ripensare.
Primi passi per un progetto di civiltà (Marco Emanuele)
Vogliamo essere un luogo della realtà. Ebbene si, sembrerà strano ai "sacerdoti della certezza" ma è necessario cambiare strada, ritornare alla realtà del Mondo-Della-Vita. E' il tempo in cui le tante piccole voci che vogliono ricongiungersi con il progetto umano e con la storia si integrino e lavorino insieme. Abbiamo alcune sfide da accogliere, tra le altre:
- formarci e formare alla complessità del Mondo-Della-Vita. Su questo punto, con tutta evidenza, il problema è nell'ancora dominante "approccio disciplinare" e lineare alla realtà, come se nella realtà esistessero problemi disciplinari e risolvibili solo con la "cultura del risultato". Dobbiamo lavorare sempre di più sulla e nella "transdisciplinarietà", contaminando per fecondare le discipline particolari. Formarci e formare alla complessità significa scegliere la conoscenza che è cosa ben diversa dalle conoscenze. Le Università, in particolare, hanno la responsabilità di tornare a essere i luoghi della conoscenza e non, come accade, la sommatoria di cattedre spesso auto-referenziali e non dialoganti; nelle Università si fa molta fatica a parlare di "transdisciplinarietà" ma, molto spesso, ci si limita alla multi e alla interdisciplinarietà;
- reimparare a dialogare. Il dialogo è un processo profondo, complesso, che mette in discussione il nostro "essere umani", che problematizza le nostre certezze aprendoci a ogni altro DI noi. Il dialogo pone "in comune" il "senso umano", al contempo relativizzando e valorizzando ciò che siamo e calandolo nelle contraddizioni del Mondo-Della-Vita. Nel dialogo ci perdiamo per ritrovarci, esprimiamo la globalità di noi, cooperiamo, conosciamo, cerchiamo di superare l'equivoco dominante di una globalizzazione che ci connette tecnologicamente ma che, sempre di più, ci separa come esseri umani;
- reintegrare approccio qualitativo e approccio quantitativo. Il Mondo-Della-Vita è caratterizzato dall'incertezza e la maggior parte dei processi che lo caratterizzano e che lo percorrono sono non misurabili e non prevedibili. Ogni scelta e ogni decisione personale, fino a quelle che coinvolgono realtà più ampie (le imprese, gli Stati, il mondo) devono fondarsi sulla presa d'atto che non solo ciò che si vede e che si quantifica è reale; ce lo dicono, ad esempio, la degenerazione del pensiero economico, e del governo delle relazioni internazionali. E' così che, reintegrando approccio qualitativo e approccio quantitativo possiamo essere "realisticamente progettuali" e davvero com-prendere la nostra realtà e la realtà globalmente intesa;
- mature "giudizi storici". In un mondo nel quale si scontrano "pre-giudizi reciproci" è importante maturare "giudizi storici". Se l'incontro fra culture differenti (religioni comprese) è inevitabile, andando quella che potremmo definire "società meticcia", il dialogo diventa possibile solo se si alimenta della nostra "responsabilità culturale", frutto di una "ragione aperta" e finalizzato a operare decisioni, mediazioni, negoziati in grado di trovare punti in comune fra posizioni differenti e, a volte, molto distanti.
- formarci e formare alla complessità del Mondo-Della-Vita. Su questo punto, con tutta evidenza, il problema è nell'ancora dominante "approccio disciplinare" e lineare alla realtà, come se nella realtà esistessero problemi disciplinari e risolvibili solo con la "cultura del risultato". Dobbiamo lavorare sempre di più sulla e nella "transdisciplinarietà", contaminando per fecondare le discipline particolari. Formarci e formare alla complessità significa scegliere la conoscenza che è cosa ben diversa dalle conoscenze. Le Università, in particolare, hanno la responsabilità di tornare a essere i luoghi della conoscenza e non, come accade, la sommatoria di cattedre spesso auto-referenziali e non dialoganti; nelle Università si fa molta fatica a parlare di "transdisciplinarietà" ma, molto spesso, ci si limita alla multi e alla interdisciplinarietà;
- reimparare a dialogare. Il dialogo è un processo profondo, complesso, che mette in discussione il nostro "essere umani", che problematizza le nostre certezze aprendoci a ogni altro DI noi. Il dialogo pone "in comune" il "senso umano", al contempo relativizzando e valorizzando ciò che siamo e calandolo nelle contraddizioni del Mondo-Della-Vita. Nel dialogo ci perdiamo per ritrovarci, esprimiamo la globalità di noi, cooperiamo, conosciamo, cerchiamo di superare l'equivoco dominante di una globalizzazione che ci connette tecnologicamente ma che, sempre di più, ci separa come esseri umani;
- reintegrare approccio qualitativo e approccio quantitativo. Il Mondo-Della-Vita è caratterizzato dall'incertezza e la maggior parte dei processi che lo caratterizzano e che lo percorrono sono non misurabili e non prevedibili. Ogni scelta e ogni decisione personale, fino a quelle che coinvolgono realtà più ampie (le imprese, gli Stati, il mondo) devono fondarsi sulla presa d'atto che non solo ciò che si vede e che si quantifica è reale; ce lo dicono, ad esempio, la degenerazione del pensiero economico, e del governo delle relazioni internazionali. E' così che, reintegrando approccio qualitativo e approccio quantitativo possiamo essere "realisticamente progettuali" e davvero com-prendere la nostra realtà e la realtà globalmente intesa;
- mature "giudizi storici". In un mondo nel quale si scontrano "pre-giudizi reciproci" è importante maturare "giudizi storici". Se l'incontro fra culture differenti (religioni comprese) è inevitabile, andando quella che potremmo definire "società meticcia", il dialogo diventa possibile solo se si alimenta della nostra "responsabilità culturale", frutto di una "ragione aperta" e finalizzato a operare decisioni, mediazioni, negoziati in grado di trovare punti in comune fra posizioni differenti e, a volte, molto distanti.
La parabola dell'Europa nel caso Volkswagen (Salvatore Bragantini)
Scrive Salvatore Bragantini sul Corriere del 27 settembre 2015, La parabola dell'Europa nel caso Volkswagen, della scoperta del caso da parte della Environmental Protection Agency americana e della inesistenza dei controlli europei.
La via giusta non è abbassare gli standard, evitando di innovare ed investire, bensì darsi regole serie e farle rispettare. Una delle lezioni della vicenda è la grande capacità degli Usa di far rispettare (enforcement) le norme, durante sanzionando chi non lo fa. Qui siamo deboli e invece la Ue deve essere all'altezza della sfida. Va preso a modello il funzionamento dell'unica vera autorità di regolazione europea, al di fuori del molto speciale mondo bancario: la Direzione generale per la Concorrenza della Commissione Ue che, non a caso, è un serio ed efficace regolatore europeo, capace di farsi valere in tutta la Ue e, ove necessario, oltre, Chiedere a Microsoft e a Hewlett Packard. La Commissione non si appisoli sul tappetino, ai piedi degli Stati membri; le regole in Europa van definite, e fatte rispettare, da autorità europee, non nazionali.
La via giusta non è abbassare gli standard, evitando di innovare ed investire, bensì darsi regole serie e farle rispettare. Una delle lezioni della vicenda è la grande capacità degli Usa di far rispettare (enforcement) le norme, durante sanzionando chi non lo fa. Qui siamo deboli e invece la Ue deve essere all'altezza della sfida. Va preso a modello il funzionamento dell'unica vera autorità di regolazione europea, al di fuori del molto speciale mondo bancario: la Direzione generale per la Concorrenza della Commissione Ue che, non a caso, è un serio ed efficace regolatore europeo, capace di farsi valere in tutta la Ue e, ove necessario, oltre, Chiedere a Microsoft e a Hewlett Packard. La Commissione non si appisoli sul tappetino, ai piedi degli Stati membri; le regole in Europa van definite, e fatte rispettare, da autorità europee, non nazionali.
Le fedi e la storia (Marco Emanuele)
In un mondo dove le diverse forme di tirannia moderna cercano di sopprimere la libertà religiosa, o di ridurla a una sottocultura senza diritto di espressione nella sfera pubblica, o ancora di utilizzare la religione come pretesto per l'odio e la brutalità, è doveroso che i seguaci delle diverse religioni uniscano le loro voci per invocare la pace, la tolleranza, il rispetto della dignità e dei diritti degli altri" (Papa Francesco a Filadelfia).
Ci ricorda Gian Guido Vecchi sul Corriere del 27 settembre 2015 che il Papa tiene insieme il "diritto fondamentale" alla libertà religiosa - il ruolo delle fedi nel costruire un "sano pluralismo" - e i diritti dei migranti.
C'è sempre di più, nelle parole di Francesco, la spinta a ricongiungere le fedi nella storia. E il Papa lo fa predicando l'umiltà e l'unità; infatti, solo "relativizzandoci" per integrarci (nell'accoglienza e nella mediazione delle reciproche differenze) potremmo tornare a dirci pienamente umani.
Ci ricorda Gian Guido Vecchi sul Corriere del 27 settembre 2015 che il Papa tiene insieme il "diritto fondamentale" alla libertà religiosa - il ruolo delle fedi nel costruire un "sano pluralismo" - e i diritti dei migranti.
C'è sempre di più, nelle parole di Francesco, la spinta a ricongiungere le fedi nella storia. E il Papa lo fa predicando l'umiltà e l'unità; infatti, solo "relativizzandoci" per integrarci (nell'accoglienza e nella mediazione delle reciproche differenze) potremmo tornare a dirci pienamente umani.
I mille giorni di Zar Putin (Paolo Valentino)
E' da leggere Paolo Valentino sul Corriere del 27 settembre 2015, I mille giorni di Zar Putin.
In Russia mancano mille giorni ai Mondiali di calcio 2018, più o meno quanti ne mancano alle elezioni presidenziali per la quarta incoronazione dello Zar.
Quello che il politologo Stanislav Belkoski definisce il "riro monarchico" che lo protegge e lo immunizza, sembra funzionare alla perfezione: "E un teorema del potere fondato su tre assunti: la mancanza di alternativa al monarca; il suo essere al di sopra della legge che lo rende forte agli occhi del popolo; la sua intoccabilità, nel senso che qualunque cosa accada non ne deve rispondere e tutto ciò che non funziona nel Paese va addebitato al governo non al sovrano, il quale è buono per definizione". Eppure, nei poco più di due anni che lo separano dal nuovo appuntamento col destino, molte insidie e rischi si annidano sul percorso dello Zar. Come risponderà Putin alla crisi economica più grave da quando è al potere, che secondo tutte le previsioni sta per entrare nella sua fase più acuta e dolorosa per la popolazione ?
..... altri 20 milioni di russi saranno sotto la soglia di povertà alla fine del 2015.
Ma Putin, anche per nascondere queste difficoltà, insiste sul patriottismo, sull'orgoglio nazionale e sul ruolo di nuovo globale della Russia che potranno essere le carte vincenti che lo Zar offrirà ai sudditi per la sua quarta investitura.
Le mosse ambiziose sulla Siria, il build-up militare a sostegno di Assad, la pressione sugli Stati Uniti per definire una strategia militare anti-Isis, l'attesa creata intorno al discorso di domani all'Onu e il vertice con Obama dopo quasi due anni di emarginazione, fanno parte di questa narrativa in fieri, che vuole Mosca tornata protagonista nel Grande Gioco, in Medio Oriente e altrove. Riuscirà Vladimir Putin ? Probabilmente sì. Ma l'imprevedibilità degli scenari internazionali, a partire dal terrorismo islamico che potrebbe cominciare a colpire nel cortile di casa della Federazione russa, rende rischiosa la sua scommessa. Mentre l'Ucraina, che oggi appare ai margini della conversazione, potrebbe tornare a esplodere, spingendo nuovamente lo Zar all'isolamento in cui ha vagato nell'ultimo anno.
In Russia mancano mille giorni ai Mondiali di calcio 2018, più o meno quanti ne mancano alle elezioni presidenziali per la quarta incoronazione dello Zar.
Quello che il politologo Stanislav Belkoski definisce il "riro monarchico" che lo protegge e lo immunizza, sembra funzionare alla perfezione: "E un teorema del potere fondato su tre assunti: la mancanza di alternativa al monarca; il suo essere al di sopra della legge che lo rende forte agli occhi del popolo; la sua intoccabilità, nel senso che qualunque cosa accada non ne deve rispondere e tutto ciò che non funziona nel Paese va addebitato al governo non al sovrano, il quale è buono per definizione". Eppure, nei poco più di due anni che lo separano dal nuovo appuntamento col destino, molte insidie e rischi si annidano sul percorso dello Zar. Come risponderà Putin alla crisi economica più grave da quando è al potere, che secondo tutte le previsioni sta per entrare nella sua fase più acuta e dolorosa per la popolazione ?
..... altri 20 milioni di russi saranno sotto la soglia di povertà alla fine del 2015.
Ma Putin, anche per nascondere queste difficoltà, insiste sul patriottismo, sull'orgoglio nazionale e sul ruolo di nuovo globale della Russia che potranno essere le carte vincenti che lo Zar offrirà ai sudditi per la sua quarta investitura.
Le mosse ambiziose sulla Siria, il build-up militare a sostegno di Assad, la pressione sugli Stati Uniti per definire una strategia militare anti-Isis, l'attesa creata intorno al discorso di domani all'Onu e il vertice con Obama dopo quasi due anni di emarginazione, fanno parte di questa narrativa in fieri, che vuole Mosca tornata protagonista nel Grande Gioco, in Medio Oriente e altrove. Riuscirà Vladimir Putin ? Probabilmente sì. Ma l'imprevedibilità degli scenari internazionali, a partire dal terrorismo islamico che potrebbe cominciare a colpire nel cortile di casa della Federazione russa, rende rischiosa la sua scommessa. Mentre l'Ucraina, che oggi appare ai margini della conversazione, potrebbe tornare a esplodere, spingendo nuovamente lo Zar all'isolamento in cui ha vagato nell'ultimo anno.
Per visioni lungimiranti (Marco Emanuele)
Il Presidente Mattarella ha parlato, per l'Italia, della necessità di una classe dirigente che abbia "visione lungimirante". Si, caro Presidente, siamo tutti d'accordo su questo. Ma il problema, lei lo sa bene, è che per avere visioni bisogna avere un'idea alta di politica, una capacità di ragionare e di decidere in termini sistemici, una formazione alla complessità. Chi scrive pensa che questo Paese si possa rialzare se crede in sé stesso, e questo va bene, ma, soprattutto, se tutti noi ci ritroviamo in "luoghi comunitari di pensiero per l'azione". L'Italia, caro Presidente, ha bisogno di una rinnovata serietà per rinnovate responsabilità. Nell'imperante marketing della politica troviamo solo superficialità e arroganza; la buona volontà è importante ma non basta, ci vuole una cultura del progetto.
L'ottimismo dell'irrealtà (Marco Emanuele)
Grande titolo, grande spot. Il Corriere del 27 settembre 2015 pubblica un'intera pagina di Nando Pagnoncelli dal titolo "Il calo dei pessimisti sull'economia. La quota scende dal 50 al 37 per cento". Evidentemente il governo ha un grande bisogno di consiglieri del principe che, a loro volta, non esitano a scrivere fiumi d'inchiostro sull'irrealtà. I sondaggi sono un pò come i bilanci, diciamo, roba da prestigiatori all'amatriciana. Se l'Italia è un grande Paese, lo ribadisco, l'ottimismo a prescindere mi sembra eccessivo in tempi di degenerazione della convivenza umana. Chi scrive è allergico agli spot spacciati come notizie, alle fotografie spacciate come descrizione della realtà. Chi scrive pensa che l'Italia abbia bisogno di consiglieri della verità e di una politica che non si limiti a essere marketing di sé stessa.
Governance globale (Marco Emanuele)
Massimo Gaggi e Marco Galluzzo, sul Corriere del 27 settembre 2015, sottolineano le difficoltà dell'ONU.
Alcune delle missioni che continua a svolgere sono essenziali, ma la sua capacità di incidere sulle nuove crisi sono molto ridotte e le principali novità diplomatiche dell'ultimo anno, dall'accordo nucleare con l'Iran al riavvicinamento Usa-Cuba propiziato dal Vaticano, si sono materializzate lontano dal Palazzo di Vetro. Che è ancora il luogo più importante nel quale si cercano intese per il progresso dell'umanità, ma quella principale in preparazione - il nuovo protocollo planetario contro i mutamenti climatici che dovrebbe essere siglato alla conferenza di Parigi, a dicembre - se si concretizzerà passerà probabilmente alla storia come il patto fortemente voluto da Obama: il presidente americano lo ha promosso con gli impegni presi da Washington, l'accordo degli Usa con la Cina (primo inquinatore mondiale) per la riduzione delle emissioni e le sue pressioni sull'India e altri Paesi responsabili dell'effetto serra.
Gaggi e Galluzzo scrivono anche della difficoltà dell'ONU sul tema del peacekeeping, dell'appello di Obama a rafforzarlo e dell'impegno del governo italiano (soprattutto con riferimento a Mali, Repubblica Centroafricana, Darfur, fino al Congo, aree dalle quali provengono molti dei migranti e dei profughi che attraversano il Mediterraneo). Insomma, sui grandi problemi planetari l'ONU sembrerebbe incidere sempre di meno.
Il tema che pongono Gaggi e Galluzzo non è, per chi scrive, una buona notizia. Invito tutti a rileggersi il discorso di Papa Francesco all'ONU. C'è, secondo me, l'urgenza di un ripensamento complessivo dei termini, dei contenuti e della organizzazione di una governance globale degna di questo nome.
Alcune delle missioni che continua a svolgere sono essenziali, ma la sua capacità di incidere sulle nuove crisi sono molto ridotte e le principali novità diplomatiche dell'ultimo anno, dall'accordo nucleare con l'Iran al riavvicinamento Usa-Cuba propiziato dal Vaticano, si sono materializzate lontano dal Palazzo di Vetro. Che è ancora il luogo più importante nel quale si cercano intese per il progresso dell'umanità, ma quella principale in preparazione - il nuovo protocollo planetario contro i mutamenti climatici che dovrebbe essere siglato alla conferenza di Parigi, a dicembre - se si concretizzerà passerà probabilmente alla storia come il patto fortemente voluto da Obama: il presidente americano lo ha promosso con gli impegni presi da Washington, l'accordo degli Usa con la Cina (primo inquinatore mondiale) per la riduzione delle emissioni e le sue pressioni sull'India e altri Paesi responsabili dell'effetto serra.
Gaggi e Galluzzo scrivono anche della difficoltà dell'ONU sul tema del peacekeeping, dell'appello di Obama a rafforzarlo e dell'impegno del governo italiano (soprattutto con riferimento a Mali, Repubblica Centroafricana, Darfur, fino al Congo, aree dalle quali provengono molti dei migranti e dei profughi che attraversano il Mediterraneo). Insomma, sui grandi problemi planetari l'ONU sembrerebbe incidere sempre di meno.
Il tema che pongono Gaggi e Galluzzo non è, per chi scrive, una buona notizia. Invito tutti a rileggersi il discorso di Papa Francesco all'ONU. C'è, secondo me, l'urgenza di un ripensamento complessivo dei termini, dei contenuti e della organizzazione di una governance globale degna di questo nome.
Renzi, la sinistra moderna e l'anomalia italiana (Paolo Franchi)
Trovo utile riflettere sulla parole di Paolo Franchi, Corriere del 27 settembre 2015, "Renzi, la sinistra moderna e l'anomalia italiana".
bisognerebbe pure ragionare ... su quale sia la cifra e quali siano i protagonisti dell' "ondata modernizzatrice" che Renzi cercherebbe di secondare. In termini politici, o meglio di cultura e antropologia politica, ne sappiamo e ne vogliamo sapere poco. Tranne che ... in nessun caso questa modernizzazione (una modernizzazione senza aggettivi) si lascerà rappresentare politicamente in termini di destra e sinistra, almeno per ciò che storicamente destra e sinistra hanno significato. E se è per questo, aggiungeremmo, nemmeno in termini di centro. Non è così solo in Italia, ma forse in Italia lo è più che altrove. E nulla esclude (come è noto, è già successo) che la presunta anomalia italia si riveli una merce esportabile. Forse i potenziali importatori già tendono le orecchie. Il caso è in sé modesto, ma a suo modo curioso. Quando Renzi ha reso noto alla direzione del Pd che Jeremy Corbyn si rivelerà il migliore alleato di David Cameron, perché "corre per partecipare, non per vincere", le sue parole sono state lette dai cronisti politici italiani per quello che erano, un giudizio tranchant sul leader laburista inglese per dare una zampata polemica alle opposizioni interne. Corbyn, sebbene simili sortite non siano certo consuete nei rapporti tra partiti, se non proprio fratelli, quanto meno cugini, ha preferito non rispondere. E a replicare a Renzi, in Gran Bretagna, ha provveduto, oltre al Guardian, il Financial Times. Per segnalare che i primi ministri non irridono mai i leader delle opposizioni di altri Paesi, se non altro perché domani, potrebbero ritrovarseli capi di governo. Con ogni probabilità a Corbyn non capiterà niente di simile. Ma ciò non significa che quello del Financial Times sia solo un richiamo al galateo politico-istituzionale o alla gravitas perduta dei Giolitti o dei De Gasperi.
bisognerebbe pure ragionare ... su quale sia la cifra e quali siano i protagonisti dell' "ondata modernizzatrice" che Renzi cercherebbe di secondare. In termini politici, o meglio di cultura e antropologia politica, ne sappiamo e ne vogliamo sapere poco. Tranne che ... in nessun caso questa modernizzazione (una modernizzazione senza aggettivi) si lascerà rappresentare politicamente in termini di destra e sinistra, almeno per ciò che storicamente destra e sinistra hanno significato. E se è per questo, aggiungeremmo, nemmeno in termini di centro. Non è così solo in Italia, ma forse in Italia lo è più che altrove. E nulla esclude (come è noto, è già successo) che la presunta anomalia italia si riveli una merce esportabile. Forse i potenziali importatori già tendono le orecchie. Il caso è in sé modesto, ma a suo modo curioso. Quando Renzi ha reso noto alla direzione del Pd che Jeremy Corbyn si rivelerà il migliore alleato di David Cameron, perché "corre per partecipare, non per vincere", le sue parole sono state lette dai cronisti politici italiani per quello che erano, un giudizio tranchant sul leader laburista inglese per dare una zampata polemica alle opposizioni interne. Corbyn, sebbene simili sortite non siano certo consuete nei rapporti tra partiti, se non proprio fratelli, quanto meno cugini, ha preferito non rispondere. E a replicare a Renzi, in Gran Bretagna, ha provveduto, oltre al Guardian, il Financial Times. Per segnalare che i primi ministri non irridono mai i leader delle opposizioni di altri Paesi, se non altro perché domani, potrebbero ritrovarseli capi di governo. Con ogni probabilità a Corbyn non capiterà niente di simile. Ma ciò non significa che quello del Financial Times sia solo un richiamo al galateo politico-istituzionale o alla gravitas perduta dei Giolitti o dei De Gasperi.
L'Italia è anche una democrazia ? (Marco Emanuele)
Galli della Loggia sul Corriere del 27 settembre 2015 scrive "Le nostre élite alla ricerca ambigua di una leadership" e di come le élite "utilizzino" l'uomo Matteo Renzi.
La grande stabilizzazione italiana ha sempre funzionato in questo modo ... intorno a un uomo e non intorno a un partito.
Tutto sta ad indicare ... che specialmente per le classi dirigenti di questo Paese è stato sempre più facile trovare un raccordo stabile e fisiologico con la politica rappresentata da una persona piuttosto che da un partito.
Ma la democrazia ? .... nella quale, per l'appunto, contano sì gli uomini, conta sì la capacità di comando e di realizzazione di un leader, ma dovrebbero necessariamente contare anche le idee.
E conclude Galli della Loggia. Nell'assenza di qualunque risposta, resta l'impressione di una sostanziale indifferenza rispetti ai contenuti: sulla quale l'evanescenza di ogni visione generale in cui ormai l'intero vive l'intero Paese, a cominciare proprio dalla politica, non manca di gettare una luce inevitabilmente ambigua.
Per noi, abituati a ragionare in termini progettuali, il tema posto da Galli della Loggia è molto serio. Per questo, ancora una volta, ci domandiamo: ma l'Italia è solo una Repubblica o è anche una democrazia ?
La grande stabilizzazione italiana ha sempre funzionato in questo modo ... intorno a un uomo e non intorno a un partito.
Tutto sta ad indicare ... che specialmente per le classi dirigenti di questo Paese è stato sempre più facile trovare un raccordo stabile e fisiologico con la politica rappresentata da una persona piuttosto che da un partito.
Ma la democrazia ? .... nella quale, per l'appunto, contano sì gli uomini, conta sì la capacità di comando e di realizzazione di un leader, ma dovrebbero necessariamente contare anche le idee.
E conclude Galli della Loggia. Nell'assenza di qualunque risposta, resta l'impressione di una sostanziale indifferenza rispetti ai contenuti: sulla quale l'evanescenza di ogni visione generale in cui ormai l'intero vive l'intero Paese, a cominciare proprio dalla politica, non manca di gettare una luce inevitabilmente ambigua.
Per noi, abituati a ragionare in termini progettuali, il tema posto da Galli della Loggia è molto serio. Per questo, ancora una volta, ci domandiamo: ma l'Italia è solo una Repubblica o è anche una democrazia ?
Saturday, 26 September 2015
Scegliere la progettualità (Marco Emanuele)
Da questo blog ci sforziamo di interrogarci sulla storia dal punto di vista del progetto umano. Scegliere la progettualità significa tentare di ripensare l'intero impianto della convivenza dal punto di vista globale, ponendo al centro la globalità di ogni persona, dell'intera e dell'unica umanità e di tutto ciò che è creato; si tratta di una globalità non separabile, portatrice di un unico destino. E' così che non possiamo dirci liberi fino a quando al mondo esisterà un solo schiavo né fino a quando l'ambiente che ci circonda verrà lasciato allo sfruttamento indiscriminato di una competizione senza limiti.
Scegliere la progettualità significa avere una conoscenza pertinente nel Mondo-Della-Vita e la sfida, allora, è di lavorare in termini transdisciplinari nella formazione dei giovani, e non solo; abbiamo illuso intere generazioni che l'approccio disciplinare fosse sufficiente ad affrontare e a risolvere problemi complessi, abbiamo creato eserciti di iper-specialisti e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. La convivenza non solo è in crisi, il che sarebbe un dato naturale, ma è in profonda degenerazione e, con essa, lo stesso progetto umano. Eppure noi continuiamo a perseverare con il "pensiero lineare", ad auto-convincerci di avere tutte le risposte alle domande che ci pone la realtà e che non conosciamo; siamo, al contempo, dominanti attraverso la nostra presunta onniscienza (che ci fa sentire onnipotenti) e totalmente inconsapevoli della nostra profonda limitatezza. Siamo, potrei dire, dei "primitivi progrediti".
Infine, scegliere la progettualità pone un ulteriore problema: può il nostro sguardo sul Mondo-Della-Vita limitarsi a ciò che conosciamo (o che pensiamo di conoscere), al quantitativo e al misurabile ? Qui si apre una grande partita, sulla quale rifletteremo, ma rispetto alla quale si consuma lo scontro epocale fra il "pensiero lineare" (oggi dominante) e il "pensiero complesso" (oggi necessario).
Scegliere la progettualità significa avere una conoscenza pertinente nel Mondo-Della-Vita e la sfida, allora, è di lavorare in termini transdisciplinari nella formazione dei giovani, e non solo; abbiamo illuso intere generazioni che l'approccio disciplinare fosse sufficiente ad affrontare e a risolvere problemi complessi, abbiamo creato eserciti di iper-specialisti e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. La convivenza non solo è in crisi, il che sarebbe un dato naturale, ma è in profonda degenerazione e, con essa, lo stesso progetto umano. Eppure noi continuiamo a perseverare con il "pensiero lineare", ad auto-convincerci di avere tutte le risposte alle domande che ci pone la realtà e che non conosciamo; siamo, al contempo, dominanti attraverso la nostra presunta onniscienza (che ci fa sentire onnipotenti) e totalmente inconsapevoli della nostra profonda limitatezza. Siamo, potrei dire, dei "primitivi progrediti".
Infine, scegliere la progettualità pone un ulteriore problema: può il nostro sguardo sul Mondo-Della-Vita limitarsi a ciò che conosciamo (o che pensiamo di conoscere), al quantitativo e al misurabile ? Qui si apre una grande partita, sulla quale rifletteremo, ma rispetto alla quale si consuma lo scontro epocale fra il "pensiero lineare" (oggi dominante) e il "pensiero complesso" (oggi necessario).
L'impresa responsabile (Marco Vitale) - citazioni -
(...) il successo o l'insuccesso dell'impresa è anche legato e dipendente dal contesto. Perciò una capacità di lettura del mondo circostante, delle tendenze e delle previsioni in economia è fondamentale per poter impostare una strategia ed una gestione corretta e utile. Sotto questo profilo la crisi iniziata nel 2008 è piena di utili insegnamenti. (...)
(...) i maggiori danni gli economisti non li hanno fatti nel non prevedere la crisi, bensì nel negare tenacemente che fosse una crisi sistemica, nel continuare ad alimentare prospettive di uscita prossima ventura dalla crisi, senza nulla cambiare, a vedere la crisi come una normale crisi congiunturale. (...)
(...) i maggiori danni gli economisti non li hanno fatti nel non prevedere la crisi, bensì nel negare tenacemente che fosse una crisi sistemica, nel continuare ad alimentare prospettive di uscita prossima ventura dalla crisi, senza nulla cambiare, a vedere la crisi come una normale crisi congiunturale. (...)
Friday, 25 September 2015
Francesco e la storia (Marco Emanuele)
Tutti ci auguriamo che il "soft power" di Francesco continui a portare buoni frutti in giro per il mondo. Il riavvicinamento fra USA e Cuba e il lavoro per la pace in Colombia sembrano andare in questa direzione. Siamo cauti perché, di fronte alla buona volontà e al lavoro diplomatico della Santa Sede, c'è una realtà complessiva che sembra andare da un'altra parte; senza generalizzare, abbiamo la sensazione che i più remino contro.
Sappiamo che la pace nel mondo è un processo lungo e paziente e che la retorica e l'utopia della pace spesso contribuiscono a negarla; Francesco insegna, con la semplice testimonianza, che ci vogliono tattica, strategia e misericordia, guardando nell'oltre e nel profondo della realtà. Dovremmo imparare tutti a diventare testimoni di pace, a partire dalle nostre piccole controversie quotidiane.
Il problema è che guardiamo a Francesco o come si guarda a una "autorità morale" (che predica moniti) o come si guarda a un grande "innovatore visionario"; entrambi questi sguardi sono corretti ma, a mia valutazione, occorre comprendere che la semplicità di Francesco (che ci dovrebbe appartenere in quanto persone) mette in discussione molte delle certezze che, soprattutto nel campo delle relazioni internazionali. ancora ci portiamo dietro dal '900.
Sappiamo che la pace nel mondo è un processo lungo e paziente e che la retorica e l'utopia della pace spesso contribuiscono a negarla; Francesco insegna, con la semplice testimonianza, che ci vogliono tattica, strategia e misericordia, guardando nell'oltre e nel profondo della realtà. Dovremmo imparare tutti a diventare testimoni di pace, a partire dalle nostre piccole controversie quotidiane.
Il problema è che guardiamo a Francesco o come si guarda a una "autorità morale" (che predica moniti) o come si guarda a un grande "innovatore visionario"; entrambi questi sguardi sono corretti ma, a mia valutazione, occorre comprendere che la semplicità di Francesco (che ci dovrebbe appartenere in quanto persone) mette in discussione molte delle certezze che, soprattutto nel campo delle relazioni internazionali. ancora ci portiamo dietro dal '900.
Francesco e i leoni (Marco Emanuele)
Francesco piace per la sua semplicità e colpisce per il suo coraggio. Nel discorso al Congresso americano ha parlato ai fratelli che, allo stesso tempo, erano leoni.
Francesco getta costantemente le basi del dialogo utilizzando, con semplicità, la semplicità del Vangelo. L'impressione di chi scrive è che, svegliandosi al mattino, pensi: cosa farebbe Gesù oggi ? E lo fa.
Detto questo, Francesco è un furbo portatore di visioni strategiche, non cede al conformismo dominante ma si fa "incomodo globale". Se la globalizzazione così com'è non gli piace, fa di tutto, dall'interno, per farle ritrovare un'anima globale. Ai "leoni competitivi" pone il problema storico della cooperazione, dell'incontro, del dialogo; parole che non teorizza ma che vive, con la forza della testimonianza.
A noi persone - cittadini lascia la responsabilità di essere "soggetti storici". A coloro che hanno responsabilità politica dice che essi hanno il dovere di guardare al mondo con realismo progettuale, riprendendo le redini della storia e non lasciando degenerare ulteriormente una convivenza umana già abbastanza "provata" dalla crudeltà. Altresì, pone a tutti noi il problema di curare il Creato, il cui destino è inseparabile da quello personale di ciascuno.
Ai politici italiani, avendo la fortuna di averlo in casa, dico che hanno la straordinaria occasione di lavorare per dare "forma storica" alle parole e ai gesti di Francesco;; ma non sembrano volerlo fare, avvolti come sono in una mediocre "ragione cieca".
Francesco getta costantemente le basi del dialogo utilizzando, con semplicità, la semplicità del Vangelo. L'impressione di chi scrive è che, svegliandosi al mattino, pensi: cosa farebbe Gesù oggi ? E lo fa.
Detto questo, Francesco è un furbo portatore di visioni strategiche, non cede al conformismo dominante ma si fa "incomodo globale". Se la globalizzazione così com'è non gli piace, fa di tutto, dall'interno, per farle ritrovare un'anima globale. Ai "leoni competitivi" pone il problema storico della cooperazione, dell'incontro, del dialogo; parole che non teorizza ma che vive, con la forza della testimonianza.
A noi persone - cittadini lascia la responsabilità di essere "soggetti storici". A coloro che hanno responsabilità politica dice che essi hanno il dovere di guardare al mondo con realismo progettuale, riprendendo le redini della storia e non lasciando degenerare ulteriormente una convivenza umana già abbastanza "provata" dalla crudeltà. Altresì, pone a tutti noi il problema di curare il Creato, il cui destino è inseparabile da quello personale di ciascuno.
Ai politici italiani, avendo la fortuna di averlo in casa, dico che hanno la straordinaria occasione di lavorare per dare "forma storica" alle parole e ai gesti di Francesco;; ma non sembrano volerlo fare, avvolti come sono in una mediocre "ragione cieca".
Thursday, 24 September 2015
Wednesday, 23 September 2015
L'impresa responsabile (Marco Vitale) - citazioni -
(...) l'economia imprenditoriale e il capitalismo democratico sono beni rari e troppo preziosi, per illuderci che possano essere acquisiti una volta per tutte. Ogni tanto si aprono delle piccole finestre nell'ambito delle quali si può lavorare seriamente e costruttivamente e raggiungere qualche risultato. Ma poi è necessario difendere queste conquiste con molta tenacia, dall'inevitabile riflusso. E' una continua lotta, una continua tensione alla quale dobbiamo, con fede, essere sempre pronti. (...)
(...) La grave crisi attuale chiama ad un profondo ripensamento di tante cose. Si è riaperta una di quelle finestre nelle quali si può riprendere un lavoro serio. Si può ricominciare a pensare. Se sapremo essere moralmente, intellettualmente, culturalmente forti, cioè se riusciremo a liberarci dai falsi idoli e dai veleni del nostro tempo, forse il mondo emergerà da questa grande crisi migliore di prima. (...)
(...) Solo quando ci decideremo a trattare le imprese per quello che sono, organizzazioni sociali con tutte le debolezze, le incertezze, gli egoismi, le infamità della società umana, dove degli uomini normali cercano, spesso non riuscendovi, di trovare un punto di equilibrio tra gli obiettivi sociali e l'avidità di chi le guida, allora anche i fallimenti aziendali ci appariranno meno enigmatici e sorprendenti. (...)
(...) l'insegnamento di Socrate: "la verità si trova nell'incertezza" (...)
(...) La grave crisi attuale chiama ad un profondo ripensamento di tante cose. Si è riaperta una di quelle finestre nelle quali si può riprendere un lavoro serio. Si può ricominciare a pensare. Se sapremo essere moralmente, intellettualmente, culturalmente forti, cioè se riusciremo a liberarci dai falsi idoli e dai veleni del nostro tempo, forse il mondo emergerà da questa grande crisi migliore di prima. (...)
(...) Solo quando ci decideremo a trattare le imprese per quello che sono, organizzazioni sociali con tutte le debolezze, le incertezze, gli egoismi, le infamità della società umana, dove degli uomini normali cercano, spesso non riuscendovi, di trovare un punto di equilibrio tra gli obiettivi sociali e l'avidità di chi le guida, allora anche i fallimenti aziendali ci appariranno meno enigmatici e sorprendenti. (...)
(...) l'insegnamento di Socrate: "la verità si trova nell'incertezza" (...)
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