Thursday 26 November 2015

(Istituto fondamentale) La responsabilità strategica

Sembra quasi che i politici e gli intellettuali aspettino un evento sempre peggiore del precedente per prendere atto dei limiti delle proprie certezze consolidate. E' difficile, lo sappiamo, mettere in discussione ciò che siamo ed è urgente domandarci ciò che siamo diventati; ci troviamo nella condizione di dover prendere atto della nostra progressiva degenerazione, di doverci fermare un attimo per guardare con realismo al valore di ciò che abbiamo costruito e al prezzo pagato da parte dei più.
Forse questo discorso non piacerà ai "sacerdoti" della competizione, ai portatori sani (?) di "dogma", ai consiglieri del principe; non piacerà a chi pensa che avere dubbi sia un segno di debolezza; non piacerà a chi ha paura del "pensiero critico", pensiero che noi auspichiamo come la possibilità per ciascuno di conoscere per comprendere.
La maggioranza dei politici e degli intellettuali, carente di visione storica, si colloca sulla superficie dei problemi e delle sfide, evitando quel "passaggio in profondità" che è necessario per ricongiungersi con la realtà. Al di là delle contraddizioni e delle ambiguità che appartengono a chi oggi è convinto di governare il mondo, c'è il problema di ridare contenuto progettuale al nostro orizzonte, recuperando un senso della storia che sembriamo avere smarrito.
La sfida non è più solo quella di fare analisi ma è quella di maturare visioni; ci vogliono comunità di pensiero-azione, capacità di integrare discipline differenti, voglia di ritrovare la complessità dell'esperienza umana, onestà di considerarci inter-in-dipendenti e dunque, al contempo, fondamentali in quanto "unicità" ma inesistenti senza ogni altro DI noi.
Nessun esperto può ergersi a esperto della storia; ci vuole una rinnovata responsabilità intellettuale che, nel lavoro visionario per l'organizzazione della convivenza umana secondo giustizia e libertà, diventa strategica.


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