Saturday 28 November 2015

(Istituto fondamentale) La mentalità progettuale e le decisioni conseguenti

Si ascoltano dibattiti difficili da interpretare sui temi della pace e della guerra. Eppure, a una mente normale, la questione appare piuttosto chiara; colgo l'occasione per sottolineare alcuni passaggi.
Il mondo attuale non può più essere interpretato e governato secondo la logica della sola pace o della sola guerra; il problema sono la mentalità progettuale e le decisioni conseguenti in luogo di decisioni prese seguendo l'onda emozionale e senza riflessione sul contesto, sul complesso e sulle conseguenze.
Pace e guerra sono oggi considerate come "verità rivelate", quasi intoccabili e "assolutizzate".
Si usa la parola "guerra" con una facilità imbarazzante, troppo spesso associandola
all' espressione "di civiltà" e creando un mix esplosivo e difficile da disinnescare; troppo spesso si fanno guerre in nome della democrazia e del mercato, rovesciando dittatori che sapevano tenere "pacificati" i loro Paesi (pur con molte difficoltà) e scatenando, in quei Paesi, lo scoppio di sanguinose rivalità etnico-tribali che sembravano sopite.  Invece, di fronte al totalitarismo rappresentato dall'Isis, la "comunità internazionale" balbetta, prigioniera (ancora una volta) dei suoi stessi interessi economici e delle sue compromissioni geopolitiche.
Si usa la parola "pace" o in senso utopistico o in senso limitativo; nel primo caso, "totalizzandola" fino al punto di renderla impossibile (con tutta la retorica conseguente, giocata in termini a-storici e irreali) e, nel secondo caso, pensandola e praticandola come semplice assenza di guerra. La pace, nella mia visione, è un "progetto/processo storico permanente", un lavoro di ricucitura della realtà globale in ogni contesto; non può esistere una pace universale mentre deve esistere una "pace incarnata", compresa e vissuta (dico "digerita") da ogni persona che ne diventa soggetto e testimone.
Pace e guerra vanno "de-dogmatizzate" e ripensate; umanità vorrebbe che tutti privilegiassimo la prima rispetto alla seconda ma realtà vuole che il conflitto non sia eliminabile dal palcoscenico della storia; ciascuno di noi, infatti è portatore di rapporti di forza e di interessi particolari che, molto spesso e naturalmente, entrano in contrasto con quelli di ogni altra persona. Qui dovrebbero rientrare in gioco i grandi assenti nel mondo a-polare di oggi: la politica (ridotta a strumento di poteri non democratici) e la mediazione (ridotta a compromesso).
Il lavoro, come si vede, è lungo ma necessario.


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