Monday 28 November 2016

Le sfide da affrontare - Errori nella globalizzazione e inganno dei ripiegamenti autarchici (di Maurizio Melani)

Quel che sul piano degli esiti elettorali è accaduto negli Stati Uniti (dove peraltro risulta ormai dal completamento dei conteggi che Clinton ha avuto quasi due milioni di voti popolari in più di Trump) e potrebbe accadere in Europa è soprattutto dovuto secondo le opinioni ormai largamente prevalenti ad una globalizzazione e ad una rivoluzione tecnologica inadeguatamente governate, basate unicamente su principi liberisti che hanno alimentato diseguaglianze, sperequazioni e frustrazioni, senza ammortizzazioni e protezioni sociali.

In Europa, quando la crisi si è scatenata nel 2008 e si è poi amplificata nel 2011, le forze riformiste cui fa riferimento il Prof. Scotti nel suo articolato contributo pubblicato ieri su questo blog (in sostanza quelle derivanti dalla socialdemocrazia, dalla dottrina sociale cristiana e dal pensiero keynesiano), hanno probabilmente perso l'occasione storica di dare una guida politica al suo superamento. Esse si sono invece divise tra da un lato un rifiuto più o meno radicale dei processi di globalizzazione e dall'altro una sostanziale subordinazione alle ricette sbagliate di politiche recessive quando servivano invece calibrate politiche espansive. E inoltre non sono state in grado di trovare, partendo da una corretta analisi dei mutamenti in corso, nuove forme di aggregazione, di organizzazione politica e di guida culturale, lasciando invece spazio nella comunicazione alle forze basate sull'identitarismo nazionalista e xenofobo che hanno anche potuto strumentalizzare e amplificare i timori per flussi migratori determinati dai conflitti mediorientali, dai disastri ambientali, dai differenziali economici e demografici e da fenomeni di crescita squilibrata e discriminante in Africa e altrove.

Emblematiche sono le posizioni in materia di accordi commerciali e per gli investimenti che il Presidente eletto Trump e non soltanto lui annunciano di voler liquidare, al pari dell'accordo sui cambiamenti climatici, con effetti che sarebbero disastrosi per tutti. Da una parte, anziché puntare su un nuovo internazionalismo basato sulla pretesa che gli accordi massimizzino gli standard sociali, ambientali e di sicurezza dei lavoratori e dei consumatori, viene da molti accettata la logica della chiusura in concorrenza con le forze nazionaliste e identitarie che su questo terreno risultano alla fine vincenti. Dall'altra sono state sottovalutate le preoccupazioni, i disagi e gli effetti economici e sociali di una liberalizzazione degli scambi non adeguatamente governata, che in mancanza di capacità di leadership e di guida culturale sono alla fine gestiti politicamente da quelle forze.

Se non si contenterà dell'identitarismo razzista, una parte degli appartenenti alle classi emarginate o diventate tali che, come accaduto negli Stati Uniti, quelle forze ormai le vota, si troverà comunque ingannata, come furono ingannati coloro che erano stati illusi dai fascismi degli anni venti e trenta, dalle loro posture anti-sistema (dell'epoca) e dai nazionalismi che hanno portano ai disastri che conosciamo.

Questo inganno va smascherato. Il presidente eletto Trump, salvo improbabili ripensamenti su questo punto, ridurrà le tasse ai ricchi, darà ben poco ai poveri, al di là a quanto pare del mantenimento in parte della vituperata obamacare, sarà più di Clinton assistito, secondo le indicazioni che emergono, da esponenti dell'odiato establishment finanziario, e se veramente investirà in infrastrutture dovranno essere impiegati milioni di immigrati per la loro realizzazione. Parallelamente vanno rilanciati senza timidezze i temi della redistribuzione e dell'esigenza di un governo correttivo della globalizzazione basato sulla sostenibiltà sociale e ambientale in contrapposizione ai ripiegamenti autarchici e ai loro danni. E poi occorre non deflettere, malgrado le evidenti difficoltà, dall'esigenza di rilanciare il processo di integrazione europea, sola dimensione nella quale questi temi possono essere affrontati. Integrazione tra chi ci sta, anche sul piano della sicurezza e della difesa, purché ci stiano Italia, Germania e Francia malgrado le nubi che si profilano su quest'ultimo paese.

E' necessaria a questo scopo una grande operazione culturale, di formazione e di illustrazione delle complessità di una realtà che non può essere ridotta a soluzioni semplificatrici e come tali ingannevoli. Cosa non facile se si considerano le logiche del mercato dell'informazione e gli effetti distorti dell'anarchia della rete.

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