Viviamo nell'epoca del "politico dimenticato". Il trionfo del pensiero lineare ci porta a separare e a ridurre la complessità della vita, dunque a cancellare la vita stessa. Il pensiero lineare è profondamente a-politico e storicamente superficiale; è un pensiero che non coglie e che non accoglie i segni dei tempi, che divide il mondo in amici e nemici, che sceglie lo scontro fra civiltà, che promuove la colonizzazione.
E' il primato del "politico" che può permetterci di ri-accogliere in noi la conoscenza per la comprensione dei processi storici, di riconciliare la realtà, di riascoltare la "voce dei vinti", di avviare processi di dialogo strategico e di cooperazione globale, di promuovere percorsi per un "progetto di civiltà" non dominante.
E' nel primato del "politico" che ci ri-troviamo persone umane, soggetti storici di relazione e di integrazione, attori di una globalità che oggi abbiamo ridotto a globalizzazione omologante e senza visione nella quale, troppo spesso a costo della vita, dominano soltanto interessi economico-finanziari autoreferenziali.
Nel primato del "politico complesso" possiamo vincere sulla violenza e sulla crudeltà che percorrono il mondo e che ci fanno tornare a uno stato pre-umano; non è più sufficiente dare dei "barbari" a chi uccide in nome di Dio o del denaro ma è venuta l'ora di risentire il richiamo della responsabilità e di problematizzare ogni certezza consolidata, riaprendo le porte del nostro cuore, della nostra ragione e della nostra volontà alla incertezza della condizione umana.
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