Wednesday, 2 December 2015

Worlds (Misna)

Global - Il 10% degli abitanti più ricchi del pianeta emette oltre la metà di emissioni di CO2, mentre la metà più povera è responsabile di appena il 10% dei gas serra: dati eloquenti, diffusi dall’organizzazione non governativa internazionale Oxfam che si auspica servano da pungolo agli oltre 150 capi di Stato e di governo riuniti a Bourget, Parigi, per la Cop 21 - la XXI Conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite (Unfccc) sui cambiamenti climatici .
“Gli individui ricchi e i grandi emissori di CO2 devono essere ritenuti responsabili delle loro emissioni. I paesi in via di sviluppo debbono fare la loro parte, ma spetta ai paesi ricchi indicare la strada e assumersi le conseguenze disastrose dei loro modelli di sviluppo e di consumo” evidenzia nel rapporto - intitolato “Disuguaglianze estreme ed emissioni di CO2” - Romain Benicchio, responsabile delle politiche sul clima per Oxfam France.
Più dettaglio, una persona fra l’1% delle più ricche al mondo genera in media 175 volte più CO2 di una persona che rientra fra il 10% dei più poveri.
La Cop 21, ammoniscono da tempo scienziati e ambientalisti – è “l’ultima chiamata” utile per raggiungere, per la prima volta in vent’anni, un accordo vincolante e universale sul clima per mantenere il riscaldamento globale sotto la soglia dei 2°C rispetto all’era preindustriale (1850 circa): un’intesa che vada a sostituire il Protocollo di Kyoto - redatto nel 1997 e mai ratificato dagli Stati Uniti – scaduto nel 2012 ma esteso fino al 2020 (Kyoto 2).

MyanmarIn corso l'incontro tra la leader storica del movimento democratico birmano e Premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi e il presidente Thein Sein che va verso la fine del suo mandato ma a cui toccherà gestire la transizione verso il nuovo parlamento dopo la sconfitta del suo partito e degli altri vicini al regimi militare terminato nel 2011.
La Lega nazionale per la democrazia, di cui Aug San Suu Kyi è presidente, ha riportato l'8 novembre una vittoria senza compromessi, ottenendo la maggioranza assoluta nel futuro parlamento, in cui il militari hanno comunque il 25% dei seggi garantiti dalla costituzione in vigore, scritta dalgi stessi militari e approvata da un referendum guidato nel 2008. La possibilità di operare in base al mandato popolare, sarà comunque una sfida per le future assemblee parlamentari, come per il governo e il presidente, dato che ai militari è concesso diritto di veto su parte delle decisioni degli organi elettivi e controllano di diritto i ministeri della Difesa, degli Esteri e delle Frontiere.
Di conseguenza, la cooperazione con e forze armate che per un sessantennio hanno gestito il paese affondandolo nella povertà e nella repressione, resta indispensabile. Almeno fino a quando le circostanze non consentiranno di emendare la costituzione. Un impegno considerato prioritario per la nuova maggioranza.
Oltre che con Thein Sein, la leader democratica ha anche chiesto l'avvio di un colloquio con il comandante supremo delle forze armate, generale Min Aung Hlaing, forse possibile già questo pomeriggio.

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