L'università, in un mondo globale, dovrebbe essere la "casa delle complessità". E' solo in tal senso, infatti, che l'università può ridiventare "universitas", concentrandosi sulla formazione alla complessità (e alle complessità) del Mondo-della-Vita e dei Mondi-della-Vita e sulla maturazione di un pensiero critico sia da parte dei docenti che da parte degli studenti. E' solo in tal senso che le università-universitas possono ritornare a essere i luoghi di formazione delle "classi dirigenti", focalizzando la propria missione sui cambiamenti che percorrono le società e ponendo al centro del proprio agire il "contesto" e il "complesso".
Le università, oltre a rispondere in modo adeguato alle richieste di specializzazione che vengono da un mercato del lavoro sempre più competitivo (ma senza cadere nella trappola della iper-specializzazione), hanno la responsabilità di accompagnare le giovani generazioni nel farsi carico delle domande fondamentali che riguardano la condizione umana, parte della condizione ecologica, nel mondo di oggi. E la domanda che mi sembra più importante è: cosa stiamo diventando ?
Al centro di ogni ragionamento devono esserci la persona e la comunità umana, la loro dignità, l'analisi transdisciplinare delle grandi sfide che abbiamo di fronte e che, raramente, vengono interpretate attraverso la lente della universalità della Conoscenza; tutto, infatti, viene ridotto al punto di vista, all'opinione e questi ultimi vengono elevati, con una evidente ansia da semplificazione, a verità dogmatiche. L'università-universitas deve ritornare a essere la "casa del dubbio".
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