Thursday, 3 December 2015

(Istituto fondamentale) Perdersi / ritrovarsi

L' "unità dell'essere umanità" è un percorso di ricerca, un cammino, un dialogo nella vita. Tale "unità" non è un traguardo da raggiungere una volta per sempre bensì è quell'orizzonte di senso che percorriamo vivendo. Ricercare l' "unità dell'essere umanità" significa accogliere ciò che siamo e vivere il talento di rinunciare a parte di noi (perderci) per acquisire in noi, per "abbracciare", la complessità del Mondo-della-Vita (ritrovarci). E' in questo contemporaneo e perenne "perdersi / ritrovarsi" che si esprime la responsabilità dell'essere persone umane; è questo che dovremmo comprendere, attraverso un personale percorso di auto-formazione, ed è a questo che le università-universitas, e i gradi inferiori d'istruzione, dovrebbero formare i giovani.

Se la "certezza dogmatica" è il metro di giudizio di noi e della storia nella quale siamo immersi, non facciamo altro che far prevalere il disumano, che far vincere il male che è naturalmente in noi. Dovremmo passare, progressivamente, dalla "certezza dogmatica" alla "incertezza responsabile e progettuale"; e non si tratta di un passaggio comodo e indolore. Quanti di noi, infatti, sono disposti a diventare "soggetti di innovazione", ad accogliere la sfida della "ri-generazione progettuale" della condizione umana ?; quando percorriamo l' "oltre", che peraltro vive in noi, avvertiamo il disagio di non sentirci più adeguati ma non abbiamo ancora maturato gli strumenti per gestire le continue transizioni che fanno naturalmente parte del (nostro e altrui) percorso di vita. Infatti, molto spesso siamo disposti a innovare se tale prospettiva non ci mette in discussione, non ci problematizza; il problema, però, e che quando ci nascondiamo dietro le nostre certezze non ci innoviamo, non ci ri-generiamo e, a cascata, non innoviamo e non ri-generiamo la realtà.

Il percorso del "perdersi / ritrovarsi" è strategico nel mondo di oggi. E lo è per molte ragioni; provo a individuarne due, sotto forma di domande, da approfondire:
- la prima ragione riguarda l'identità e le identità. Siamo ciò che diciamo di essere o, invece, siamo una sintesi continua (meticciato) delle esperienze / differenze che incontriamo ?
- la seconda ragione riguarda la formazione, soprattutto universitaria. Siamo consapevoli dell'importanza di formare specialisti con adeguate competenze e capaci di dialogo e di pensiero critico e del pericolo di formare iper-specialisti non dialoganti, "prigionieri" del pensiero lineare e con una mentalità chiusa nel loro specifico ?

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